Studey

Viaggio studio per studenti che vogliono imparare l’inglese accademico

Studiare l'inglese accademico all'estero richiede preparazione e risorse specifiche. Non è sufficiente conoscere l'inglese colloquiale; serve un impegno serio.

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Studiare inglese accademico all’estero: tutto quello che nessuno ti dice davvero

Chi sta pensando a un’esperienza di studio all’estero, spesso si chiede: “Ma il mio inglese basta davvero?” Se punti a un’università o a un master in un Paese anglofono, la risposta onesta è: a volte sì… spesso no. Non parliamo solo di “capire e farsi capire” — entra in gioco l’inglese accademico, che è una storia a parte, e di solito non se ne parla abbastanza.

Cos’è davvero l’inglese accademico?

L’inglese accademico è una specie di “dialetto” universitario: niente a che vedere con l’inglese che impari con le serie TV o su Duolingo. Qui si tratta di scrivere saggi (essay), leggere articoli scientifici pieni di paroloni, sostenere discussioni, preparare presentazioni formali. Insomma, è un codice: formale, preciso, spesso pieno di “regole non scritte” (plagio, citazioni, bibliografie, formati). Non serve essere madrelingua per impararlo, ma serve allenamento e — diciamolo — un po’ di pazienza.

Perché è importante?
Anche chi parla bene inglese a livello “viaggi/vita quotidiana” spesso si trova spiazzato davanti ad abbreviazioni (“cf”, “et al.”), consegne misteriose (“critically evaluate this statement”), feedback criptici dai docenti o discussioni in aula dove il livello si alza. E ci sta: c’è passato chiunque. Ma prepararsi, fa la differenza. Davvero.

Un viaggio studio specifico per inglese accademico: cosa c’è (e cosa no)

I soliti corsi generici di lingua inglese servono a poco, in questo caso. Se vuoi puntare a studiare all’estero, cerca programmi targati “English for Academic Purposes” (EAP):

  • Workshop di scrittura accademica: si imparano struttura dei saggi, citazioni, argomentazioni solide.
  • Listening “da universitario”: ascolto di vere lezioni e analisi di come prendere appunti efficaci (non come a scuola).
  • Test come IELTS Academic, TOEFL, ecc.: molti corsi preparano proprio questi esami, obbligatori per l’ammissione all’università.
  • Simulazioni di presentazioni e dibattiti: allenano a parlare a un pubblico e difendere le proprie idee in modo formale (spoiler: cosa meno banale di quanto sembra).

Può sembrare scomodo, ma attenzione: non tutti i corsi pubblicizzati come “intensivi” o “accademici” lo sono davvero. Chiedi sempre dettagli e accreditamenti. Costa fatica, sì, ma fidati: partire alla cieca rischia di farti perdere tempo e – soprattutto – soldi.

Ma dove andare? Le destinazioni più serie e i loro lati oscuri

Non esiste il posto “perfetto”, ma qualche idea possiamo dartela:

  • Regno Unito: super gettonato, tanti corsi di alto livello… ma visti più rigidi, tutto molto caro (sia il corso sia la pizza).
  • Irlanda: ambiente accogliente, ottima qualità dei corsi, ma meno scelta e anche qui la vita non è proprio low-cost.
  • USA e Canada: moltissime università e scuole con programmi EAP, ma burocrazia complicata (i visti, soprattutto negli USA, sono una maratona) e prezzi spesso fuori portata.
  • Australia: strutture molto moderne e corsi innovativi, ma è lontanissima — volo e permanenza costano un occhio.

E poi la variabile “prof”, campus, amici, metodo d’insegnamento: tutte cose che fanno cambiare idea anche all’ultimo secondo. Qui, la regola d’oro è chiedere a chi ci è già passato — niente “recensioni” tarocche trovate online.

Le difficoltà vere (e spesso sottovalutate)

  • Capire accenti diversi: un conto è l’inglese della BBC, un altro quello usato in classe a Manchester o Melbourne.
  • Scrivere senza plagiare: la cultura del “prendo da Google e aggiusto” non esiste: le università controllano tutto e sono super severi.
  • Processo di application: tra CV, lettere motivazionali, reference e test di lingua, la burocrazia stanca e la voglia di arrendersi è dietro l’angolo.
  • Solitudine, nostalgia, crisi da “ma ce la farò?”: nessuno lo dice, ma l’impatto c’è e non sparisce da solo.

Qualche consiglio terra-terra? Scriviti tutto, anche la più banale delle domande. Rompi le scatole ai tutor, ai compagni… e cerca una community vera, non solo gruppi WhatsApp dove nessuno risponde.

Cosa succede nella realtà: Marco (e tanti altri) raccontano

Marco, che ha usato Studey per trovare il suo percorso, la dice così:

“Pensavo di parlare bene inglese. Primo giorno di corso accademico, mi sembrava di stare su Marte. Ho scritto un essay, il prof mi ha scritto ‘please, see me after class’… panico. Poi, col supporto giusto, ho capito dove sbagliavo e, poco a poco, mi sono sentito più sicuro. Non è stato facile, però è diventato più gestibile. Senza aiuto, però… stavo per mollare.”

Casi simili li vediamo ogni giorno. Il rischio più grande? Spendere su corsi low-cost che non ti danno una formazione seria. Il bello, però, è che con il supporto (quello pratico) ci si rialza davvero — l’unico errore irrimediabile spesso è non chiedere.

Come ti può aiutare chi ci è già passato (tipo noi di Studey)

Noi non abbiamo una bacchetta magica. Però—e lo diciamo senza filtri—conosciamo bene ogni meccanismo: come presentarsi alle università, come compilare un personal statement “vero”, come scegliere tra mille opzioni senza perdersi.

Quello che facciamo, in poche parole:

  • Controllare la tua pagella e i tuoi documenti: per capire dove hai punti forti e dove rischi di scontrarti col sistema estero.
  • Consulenza anziché corsi “a pacchetto”: ti indirizziamo sui corsi di inglese accademico che davvero servono (a volte sono in città meno famose, ma più serie!).
  • Sistema di preparazione su misura: ti seguiamo dalla lettera motivazionale alla simulazione di colloquio, senza lasciarti con “brochure” e via.
  • Mentoring con ex studenti: non c’è niente di meglio che poter parlare con qualcuno che ha avuto i tuoi stessi dubbi o errori.

Se non conosciamo la risposta, te lo diciamo senza problemi — e spesso troviamo insieme la strada più giusta, anche se è diversa da quella che magari ti eri immaginato.

Alcune domande ricorrenti

Quanto ci mette davvero a fare effetto un viaggio studio mirato per l’inglese accademico?
Dipende da dove parti e da quanto ti butti. In genere, da qualche settimana a (molto più concretamente) qualche mese. Non esiste la soluzione lampo.

Posso iscrivermi se il mio inglese è “solo” intermedio?
Spesso sì, ma alcuni corsi chiedono un test d’ingresso. È utile anche per capire dove lavorare di più.

C’è una vera differenza tra inglese accademico e quello “normale”?
Sì, eccome! E all’inizio fa paura a tutti. Ma è normale faticare: lo step in più è chiedere aiuto, non fermarsi.

In breve

Se vuoi davvero studiare all’estero, non sottovalutare la questione dell’inglese accademico. Non è una corsetta da pochi giorni e via: serve pianificazione, risorse giuste e, soprattutto, qualcuno che ti spieghi le cose come stanno, senza venderti false sicurezze.

Siamo qui per questo: ogni domanda è più che benvenuta, anche quelle “banali” (che spesso sono le migliori). Non facciamo magie, ma sappiamo per esperienza quanto poco serva per sentirsi meno soli e più pronti — te lo diciamo perché ci siamo passati anche noi.

Se vuoi parlarne con uno di noi, scrivici: inizia pure dai dubbi che ti sembrano impossibili. Di risposte facili non ne abbiamo, ma di consigli pratici sì, parecchi.

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