Studiare inglese per studenti di turismo: come scegliere davvero il corso giusto (senza filtri)
Quando si sogna di lavorare nel turismo, l’inglese sembra quasi scontato — ma poi, nei fatti, ci si accorge che parlarlo davvero, soprattutto in situazioni lavorative concrete, è tutt’altra storia. Se ti sei mai chiesto se ti basta quello che hai imparato a scuola per affrontare un check-in in hotel, un reclamo di un cliente inglese o una presentazione di un itinerario, sappi che quella domanda ce la siamo posta tutti, prima o poi. Ecco perché tanti studenti di scuole di turismo pensano (giustamente!) di seguire un corso di inglese più specifico.
Ma in mezzo a mille offerte, sigle e promesse, come si capisce davvero quale corso fa al caso tuo? Proviamo a fare un po’ di chiarezza, basandoci su quello che abbiamo visto e vissuto, senza venderti fumo.
Inglese “generico” o “turistico”? Occhio alla trappola
A prima vista, un corso di inglese vale l’altro. In realtà, chi lavora nel turismo si scontra subito con parole che a scuola spesso non si affrontano: overbooking, late check-out, F&B, city tax, early bird… Oltre alla terminologia, conta saper gestire dialoghi “veri”, pieni di accenti diversi (non solo British!), magari in una hall affollata o con clienti che arrivano stanchi dopo undici ore di volo.
Un corso davvero utile dovrebbe aiutarti a:
- Imparare e usare il lessico del settore (non solo le traduzioni, ma anche cosa si dice davvero in hotel, ristorazione, agenzie, aereoporti);
- Allenarti con role play e simulazioni, mettendo in pratica vocaboli e modi di dire, anche con situazioni “scomode” (tipo gestire una lamentela, capire un cliente nervoso, spiegare procedure);
- Prepararti a cavartela anche se l’inglese degli interlocutori non è “da libro”;
- Capire quali certificazioni servono DAVVERO nel settore e quali invece sono solo biglietti da visita inutili (spoiler: dipende molto dal lavoro e dal paese).
Quali tipi di corsi esistono? E chi dovrebbe sceglierli?
Qui comincia il caos: corsi online, full immersion all’estero, moduli brevi, specializzazione per chi già lavora, training per hotel o agenzie, inglese “per tutti”. La verità? Non esiste il corso perfetto per tutti.
Un paio di dritte, schiette:
- Se il tuo inglese è ancora base, può avere senso partire da un corso generale con qualche lezione mirata al turismo: meglio fare bene le cose semplici che saltare subito agli advanced e rimanere bloccati.
- Se il tuo livello è già intermedio o superiore, ha senso puntare a corsi professionalizzanti con focus reale sul lavoro: qui si parla di gestione clienti, negoziazione, terminologia tecnica, non solo grammatica.
- Le certificazioni (IELTS, TOEFL, Cambridge) fanno curriculum, ma non bastano: il datore di lavoro vuole capire davvero se sai muoverti in reception, non solo se hai un B2 scritto.
- L’idea di andare all’estero è fantastica, ma se fatta male rischia di essere un bagno di sangue economico oppure una gabbia di italiani che parlano italiano: fondamentale informarsi su scuole, livelli, costi reali, e chiedere consiglio a chi c’è già stato.
Dove farli? Pro e contro delle mete più gettonate
Spoiler: la scelta cambia tanto a seconda delle aspettative e delle possibilità di ciascuno. Quello che va bene per un amico, a te magari non funziona.
- Regno Unito: Scuole storiche, ottimi programmi tourism, ma costi elevati e–dopo Brexit–visto obbligatorio. Sei pronto a gestire anche la burocrazia inglese?
- Irlanda: Spesso meno cara, ambiente friendly, mercato turistico vivace. Certo, tempo ballerino e offerta formativa che cambia molto da città a città.
- USA/Canada/Australia: Immersione vera, scuole top, possibilità di fare reali esperienze in loco (chi non sogna hospitality a New York o Sydney?). Ma preparati a organizzare tutto con largo anticipo: domanda visto, assicurazione… e portafoglio robusto.
- Olanda e Nord Europa: Più corsi business/turismo in inglese, anche se il rischio è di restare in bolle di internazionali (o italiani) e parlare poco con i locali.
Attenzione alle “trappole” – e alle difficoltà vere
Nessuna esperienza (nemmeno la migliore) è “tutta in discesa”. I rischi più frequenti?
- Spendere troppo senza una reale acquisizione di competenze spendibili;
- Sottovalutare la fatica dell'adattamento, la nostalgia, il dover chiedere info anche su cose banali;
- Scegliere corsi poco riconosciuti o troppo “facili”, con programmi non regolamentati;
- Incappare nella burocrazia di visti, assicurazioni o permessi (che non sempre vengono spiegati subito). Se questa parte ti manda in crisi, sappi che non sei solo: la gestiamo ogni settimana anche noi, e spesso non c’è una risposta universale.
Vivere il corso: due storie da non Instagram
Marco, 20 anni, dopo aver iniziato a lavorare in hotel, ci ha confessato: “Mi sentivo fighissimo col mio B1, ma appena dovevo spiegare una policy di rimborso a una famiglia, non mi veniva una parola. Il corso che ho fatto (molto pratico, con role play continuo) mi ha sbloccato, ma ammetto che ci sono stati giorni in cui ho pensato ‘chi me lo ha fatto fare?’”.
Anna, 22 anni, è stata in Irlanda: “All’inizio mi perdevo nei discorsi veloci dei colleghi, mi sentivo un pesce fuor d’acqua. Un buon tutor ha fatto la differenza e le chiacchiere dopo le lezioni con gente di tutto il mondo mi hanno insegnato quanto conta anche solo buttarsi, pure se con errori”.
Come scegliere senza stressarsi (troppo)? Ecco i nostri “life hack”
- Parti da dove sei davvero: un test onesto, farti valutare da esperti è meglio che sovrastimarsi (o sottovalutarsi).
- Chiedi sempre quale sia il taglio reale del corso: poco marketing, più prove pratiche. Sei tu a dover parlare, non solo ascoltare.
- Informati bene sulle certificazioni che servono nel paese o nel settore che hai in mente.
- Considera opzioni miste (magari qualche settimana online per acquisire basi più solide, poi esperienza pratica all’estero appena puoi).
- Non fossilizzarti su quello che ha fatto il cugino o che si trova per primo su Google: la scelta è personale, va ragionata.
- Budget alla mano: calcola spese di vita, non solo costo delle lezioni. Gli errori di stima sono la regola, non l’eccezione!
- E soprattutto: fatti raccontare l'esperienza da chi c’è già passato (noi, i nostri studenti, non solo pubblicità o influencer)—magari anche le volte in cui qualcosa è andato storto.
Non tutto è “rosa”: ma se scegli bene, può cambiare tanto
Imparare un inglese davvero adatto al turismo non è una passeggiata e nessun corso risolve tutto “in automatico”. Però, se ti prendi il giusto tempo per capire cosa serve a te—veramente a TE, non agli altri—può fare la differenza tra sentirsi spaesato e poter dire di cavarsela anche nelle situazioni che all’inizio sembrano impossibili.
Vuoi parlarne con qualcuno che ci è passato e che non ti dirà solo le cose belle? Ci puoi scrivere quando vuoi, anche solo per farti un’idea o toglierti dubbi pratici. Non ti promettiamo la luna—ma ascoltiamo sempre, e per esperienza, spesso è già un passo avanti capirsi, prima ancora di partire.
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