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Corsi di inglese per studenti di scuole di ricerca scientifica

Scegliere il giusto corso di inglese per la ricerca scientifica richiede attenzione a contenuti specifici e pratiche reali, per evitare delusioni e spreco di risorse.

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Corsi di inglese per la ricerca scientifica: come scegliere senza ansie (e senza farsi fregare)

Se ti stai lanciando (o pensi di farlo) in una scuola o in un percorso di ricerca scientifica, probabilmente sai già che l’inglese non basta “parlarlo e basta”. Tra paper che non hanno mai fine, abstract da scrivere, conferenze dove sembra che gli altri parlino una lingua inventata… è facile sentirsi fuori gioco, anche se hai fatto mille esercizi in classe.

In questo mare di corsi di inglese, come fai a scegliere davvero quello giusto per la ricerca scientifica, senza sprecare soldi e tempo? Qui trovi quello che avrei voluto leggere prima di partire con mille entusiasmi e altrettante paure.


Perché non basta un semplice corso di inglese?

Immagina di dover spiegare la tua ricerca di biotecnologie... al tuo professore americano con il jet lag che ti bombarda di domande. Non è la stessa cosa di ordinare un caffè a Londra, vero?

Il linguaggio scientifico è pieno di parole nuove, costruzioni strane e convenzioni che ti sembrano marziane. E poi ci sono i dettagli: scrivere un paper è diverso dal mandare una mail a un amico. E presentare i risultati, davanti a decine di sconosciuti che capiscono più di te? Altro livello di panico.

Quindi la risposta è: i corsi generici servono a poco, se vuoi davvero entrare nella comunità scientifica internazionale.


Come riconoscere un corso veramente adatto?

Ti dico subito: nessun corso è la bacchetta magica, ma alcuni sono davvero pensati per chi deve vivere e lavorare “in inglese scientifico”. Cerca almeno questi punti:

  • Contenuti settoriali: ti insegnano la terminologia che userai davvero in laboratorio o nelle tue letture (fisica? biologia? ingegneria?).
  • Allenamento su testi e scrittura: non solo chiacchiere, ma anche esercizi per leggere articoli, scrivere abstract, mettere insieme un poster o un grant.
  • Espressione orale pratica: non teoria, ma presentazioni, domande/risposte, riunioni. Cose di tutti i giorni (anzi, di tutte le notti… spesso si lavora anche di sera, diciamolo).
  • Docenti che “ci sono passati”: meglio se chi insegna ha esperienza diretta di ricerca, non solo di insegnamento di inglese.
  • Interazione vera: gruppi piccoli, feedback personalizzati, discussioni “da laboratorio”.

Cosa vale la pena chiedere (prima di spendere soldi)?

  • Guardati i programmi: sono aggiornati agli standard internazionali? Si parla mai di come scrivere paper o presentare dati?
  • Chiedi se ci sono studenti che hanno già fatto il corso, magari nella tua disciplina.
  • Da dove arrivano i docenti? Hanno pubblicato? Hanno esperienza con studenti italiani? (Non è un dettaglio: alcune difficoltà linguistiche o culturali cambiano tanto!)
  • C’è flessibilità per chi ha orari strani o periodi “di fuoco” in laboratorio?
  • Se sei all’inizio, assicurati che non diano per scontato un livello d’inglese troppo alto… e non vergognarti di dirlo apertamente.

Problemi reali da tenere d’occhio

  • Corsi troppo teorici: se passi più tempo a studiare grammatica che a scrivere paper, forse ti serve altro.
  • Livelli d’inglese mismatch: parti da dove sei DAVVERO, non dove “dovresti” essere per non sentirti in difetto.
  • Costi e durata: a volte i corsi top costano il triplo e non sono molto diversi da alternative più accessibili (ma fai attenzione a quelli troppo “light”).
  • Corsi troppo generici: rischi di restare sempre ai dialoghi “safe”.

E se il corso non basta? Strumenti utili da integrare

Nessuna vergogna nell’usare più risorse:

  • MOOC specifici: piattaforme tipo Coursera o edX hanno moduli di “English for Science” (spesso gratis o quasi).
  • Gruppi studio “internazionali”: magari virtuali, magari su Discord o WhatsApp. Spesso si trovano ex studenti o peer tutor disposti ad aiutare (anche noi di Studey ci muoviamo così!).
  • Mentoring e feedback reali: la revisione esterna di un abstract o di una presentazione cambia tutto. A volte serve qualcuno che ti dica semplicemente “funziona” oppure “qui c’è da lavorare”.

Chi c’è passato davvero: una storia vera

Sara, che ora fa ricerca in biotecnologie, all’inizio si sentiva spaesata: “Pensavo di sapere l’inglese, poi ho provato a scrivere il primo abstract e non sapevo da dove partire… I feedback dei prof mi sembravano in un’altra lingua.”

Ha fatto un corso specifico – non super costoso ma personalizzato – e le cose sono cambiate. Non è che sia diventata madrelingua in pochi mesi, ma appena è riuscita a strutturare meglio i testi e a parlare con più sicurezza, ha avuto il coraggio di inviare un paper. E alla fine è arrivata la pubblicazione. Il bello? Avere qualcuno che le rispondeva, anche solo per sdrammatizzare insieme.


Consigli che ti fanno risparmiare errori (e ansie)

  • Inizia a cercare il corso qualche mese prima che ti serva davvero (in pratica: evita le corse dell’ultimo minuto).
  • Combina corsi generali per “riscaldamento” e moduli scientifici ad hoc.
  • Chiedi consigli a chi ci è passato, non solo info ai provider.
  • Occhio alle differenze: i corsi in UK, Irlanda, USA e altri paesi possono seguire standard diversi. Chiedi sempre che certificazione rilasciano (se la vuoi per il CV).
  • Non credere a chi ti dice “in 2 settimane farai tutto”. E se il provider non accetta domande “scomode”, forse non è quello che fa per te.

Dubbi che sentiamo spesso

Ho un livello B1: è troppo presto per un corso tecnico?
Non sei il solo. Se l’inizio ti sembra troppo ostico, meglio partire con qualche modulo di ripasso, ma non fermarti: si può lavorare sugli aspetti più tecnici un po’ per volta. Nessuna fretta.

Online o in presenza? Qual è meglio?
Dipende da come impari meglio e dal tempo che hai. L’importante è che ci sia interazione reale, gruppi piccoli, esercizi personalizzati. Se il corso online è solo video-lezioni registrate… lasciamo perdere.

Quanto ci vuole per “entrare nel giro”?
Non abbiamo la ricetta magica. Di solito servono almeno alcune settimane, spesso qualche mese, ma quello che conta è la costanza. E accettare che gli errori sono parte del percorso.


Se ti servono dritte più specifiche o vuoi confrontarti su un programma che hai trovato, scrivici. Non abbiamo la soluzione sempre pronta per tutto, ma almeno due (o dieci) consigli pratici possiamo darteli. Alla fine, anche noi siamo partiti da lì. Ci sentiamo?

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