Corsi di inglese per studenti di medicina: cosa aspettarsi davvero
Quando decidi di studiare medicina all’estero, il pensiero corre subito all’inglese. E non parliamo di quello che si impara su Duolingo o alle superiori, ma di un tipo di inglese molto più “tosto”: quello che usano ogni giorno medici, ricercatori e infermieri. L’inglese medico ha regole sue, tantissime abbreviazioni, nomi complicati per ogni singola parte del corpo e persino un modo diverso di parlare con i pazienti rispetto a quello che immaginiamo.
Te lo dico senza girarci intorno: un corso di inglese medico non è una passeggiata. Serve tanta pratica, pazienza, e—sì!—anche qualche errore lungo la strada. Qui provo a raccontarti senza filtri cosa aspettarti, come prepararti e quali sono i veri scogli che noi (e tanti studenti italiani come te) abbiamo affrontato.
Perché un corso di inglese medico è diverso?
Se pensi: “Ma io con l’inglese me la cavo!”, sappi che con la medicina il copione cambia parecchio. L’inglese medico è come un altro linguaggio dentro la lingua. Ecco perché:
- C’è un lessico praticamente infinito: per organi, malattie, farmaci, attrezzatura… roba che non si trova nei libri di inglese classici.
- I testi scientifici sono densi: leggere articoli, guideline o paper non è come scorrere Instagram.
- Scrivere non è solo “scrivere bene”: bisogna essere precisi, usare i termini giusti (e a volte, siate onesti, bisogna anche sembrare un po’ formali).
- Con i pazienti serve delicatezza: l’inglese “da corsia” è fatto di chiarezza e tatto, non delle solite frasi fatte.
Fare un corso specifico di inglese medico vuol dire lavorare proprio su queste cose. Ed è fondamentale per evitare fraintendimenti (decisamente un problema in ambito sanitario!).
Come scelgo un corso che abbia senso per me?
Spoiler: i corsi non sono tutti uguali, e uno vale l’altro solo nelle pubblicità esagerate.
- Parti dal tuo livello di inglese: se sei sotto al B2, può essere dura seguire direttamente i corsi tecnici. Niente paura, esistono “step intermedi”.
- Teoria o pratica? Alcuni corsi sono pieni di grammatica e vocaboli, altri ti fanno entrare subito in “modalità corsia” con roleplay e simulazioni.
- Dai un’occhiata a chi riconosce il corso: è accreditato da enti seri? Le università lo considerano valido? Meglio non dare per scontato.
- Tempi e orari: sei in sessione piena? Cerca qualcosa che si adatti davvero al tuo ritmo — meglio qualche settimana intensiva, oppure un corso flessibile?
Un dettaglio da non sottovalutare: se pensi anche a certificazioni come IELTS Academic o TOEFL, meglio che il corso abbia anche focus sul linguaggio medico, non solo sulle “4 skills” classiche.
Difficoltà (vere) che incontrano quasi tutti
- Lessico infinito e difficile: imparare “peritoneum, hypoesthesia, arrhythmia” richiede costanza. Nessuno nasce “fluente” in inglese medico.
- Pronuncia: sì, perché il latino e il greco, con inflessione inglese, sono una combo interessante (e all’inizio incasinano tutti).
- Comunicare con le persone, non solo con i libri: non basta “sapere il vocabolo”, serve riuscire a spiegare cose delicate in modo rassicurante.
- Scrittura formale: i primi report sono uno shock (“Ma perché qui non va bene scrivere così?!”). Anche in questo si migliora col tempo.
Prendo in prestito le parole di un ex studente che abbiamo seguito:
“All’inizio ero convinto che il mio inglese scolastico bastasse. Ma già durante le prime simulazioni mi sono accorto di quanti errori facevo sulle abbreviazioni, e di quanto fosse diverso parlare con pazienti rispetto a scrivere temi al liceo. Avere un tutor che lavora davvero in ospedale, che mi correggeva senza farmi sentire scemo, mi ha aiutato tantissimo.”
Consigli pratici che hanno funzionato
- Glossari e dizionari medici (meglio se bilingui): consulta spesso, non solo alla vigilia di un test.
- Video & podcast su casi clinici (possibilmente con trascrizione), meglio ancora se discutete i casi in gruppo.
- Gruppi studio: parlare e spiegare in inglese ad altri studenti (anche con errori!) fa la differenza.
- Scrivi, riscrivi, e fatti correggere: report, appunti, perfino “finti” referti… ogni feedback è oro.
Se ti perdi o inciampi in un termine, capita a tutti. Meglio ammetterlo che fingere di sapere: fa parte del percorso.
Se vuoi studiare medicina all’estero
Quello che spesso non ti dicono è che il percorso può essere un po’ una “giungla” — burocrazia, documenti, application tutte diverse tra UK, Irlanda o USA, esami di lingua spesso con richieste che cambiano da ateneo a ateneo. Noi di Studey ci muoviamo in questo caos con te, senza approcci stile “tutto facile!”. Ti aiutiamo per traduzioni, reference letter, stesura del personal statement, e, concreto quanto basta, anche nella scelta dei corsi di inglese medico più seri (e adatti al tuo vero livello).
Ogni caso è a sé: se il tuo inglese di partenza è scarso, meglio pianificare un percorso graduale. Se hai già livelli ottimi, c’è modo di “raffinare” direttamente le skill cliniche.
Domande che riceviamo spesso
Che livello serve per partire?
Davvero consigliatissimo partire da almeno un B2 con l’inglese generale, altrimenti rischi di trovarti sperso dopo 1 settimana.
Posso farcela da solo con libri e YouTube?
Puoi iniziare, sì. Ma senza esercitarti con tutor o almeno con qualcuno che abbia esperienza clinica, resti “teorico”: serve parlare, scrivere, ricevere correzioni. È lì che succede la vera crescita.
Se inizio il corso di laurea senza inglese medico solido?
Si può fare, ma… preparati a correre dietro a tutti! Meglio investire qualche mese in preparazione prima di buttarti, per non accumulare stress inutile.
Il vocabolario specialistico è davvero così diverso dall’inglese base?
Sì, parecchio. Non basta “sapere l’inglese della scuola” per cavarsela tra diagnosi, referti, abbreviations e modo di rapportarsi con i pazienti.
In sintesi
L’inglese medico non si impara in una notte, è normale sentirsi spaesati. Nessuno di noi qui da Studey ha avuto la strada spianata: sappiamo bene quanto ci si senta a volte soli o fuori luogo. Ma di risorse ce ne sono, basta orientarsi e farsi aiutare un po’. Se hai dubbi o vuoi un parere concreto (anche solo per capire in che punto del percorso ti trovi), puoi scriverci: nessuna risposta automatica, solo consigli basati sulle esperienze di chi c’è già passato.
Il viaggio — a tratti impegnativo — vale la pena. Anche quando sembra di non capirci nulla. E ci saremo anche dopo, non solo per l’application.
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