Corsi di inglese per studenti di istituti alberghieri: come orientarsi davvero
Se stai frequentando un istituto alberghiero o ci stai pensando, probabilmente ti è già stato detto che l’inglese “serve”. In realtà, serve eccome — e non solo perché ormai tutti richiedono l’inglese sul CV. Nel mondo dell’hospitality, senza un inglese vero (non solo scolastico), rischi di sentirti sempre due passi indietro, sia con i clienti che con i colleghi. Ma scegliere un corso qualunque non è la soluzione. Qui ci sentiamo di darti qualche consiglio oggettivo, nato dall’esperienza diretta di ragazzi e ragazze che si sono trovati esattamente dove sei tu ora.
Perché serve l’inglese “giusto”?
Non basta essere in grado di “cavartela” se entri in una catena alberghiera internazionale, un ristorante in città turistica, un bar o un resort. La verità è che c’è un mondo di differenza tra imparare l’inglese a scuola e sentirsi a proprio agio a spiegare un menù, rispondere ad una lamentela, condurre una prenotazione telefonica, scrivere una mail a un cliente straniero o collaborare con colleghi di mezzo mondo. Senza contare che “hi, how are you” dopo due giorni rischia di essere poco utile.
Quello che davvero aiuta è un inglese fatto di parole chiave, formule di cortesia, pratica nel risolvere problemi/proporre soluzioni, tutto calato nel contesto reale dell’hospitality. Questo sì che conta.
Quali corsi vale la pena cercare?
Diciamolo: i “corsi di inglese” generici lasciano spesso il tempo che trovano se ti interessa lavorare nel turismo, nella ristorazione o nell’accoglienza. Meglio orientarsi su:
- Inglese per hospitality/turismo: Non solo grammatica ma un sacco di situazioni vere, simili a quelle che troverai a lavoro.
- Inglese tecnico/professionale: Se vuoi lavorare in cucina, reception, sala—ogni area ha il suo linguaggio.
- Role play, simulazioni, esercizi di conversazione: Un corso degno di questo nome dovrebbe farti parlare, non solo ascoltare o compilare esercizi statici.
- Certificazioni utili (tipo IELTS, B2 First): Non obbligatorie per tutti, ma spesso fanno la differenza per chi vuole andare oltre, magari studiare o lavorare all’estero.
Non è detto che tu debba seguire necessariamente tutto e subito. Valuta quello che davvero può servirti in base a dove vuoi arrivare.
Le modalità: online, in presenza, all’estero?
A ognuno il suo. Molti pensano che online sia “meno valido”. Non sempre è vero: oggi ci sono corsi online pensati proprio per studenti o lavoratori del settore, anche con insegnanti madrelingua e tempi flessibili (fondamentale se vai di corsa o devi incastrare scuola/lavoro).
Se invece fai fatica a concentrarti a casa, o vuoi vivere l’esperienza faccia a faccia, cerca nella tua città scuole serie (ma chiedi sempre se hanno corsi su misura per i settori turistici). Un’altra opzione, quando le risorse lo permettono, è fare un’esperienza direttamente all’estero—che non è solo una questione di “inglese”, ma di vita vera.
Attenzione a queste cose (esperienze di chi ci è già passato)
- Corsi solo “generici”? Meglio lasciar stare. Sì, ti “rinfrescano” la grammatica, ma a lavoro rischiano di lasciarti scoperto/a sulle cose che davvero servono.
- Non sempre il corso più costoso è il migliore. Anzi, spesso si paga il brand, non la qualità: chiedi sempre feedback e recensioni da chi lo ha già frequentato.
- Metterci pratica (anche se ti imbarazzi). La vera differenza? Farlo spesso. Anche chi parte mangiandosi le parole poi migliora tantissimo.
- Se puoi, un’esperienza fuori dall’Italia ti cambia. Non è obbligatorio, ma lavorare o anche solo fare un breve tirocinio all’estero ti fa fare salti avanti veri—purché organizzato bene e senza illusioni (le difficoltà ci sono, inutile negarlo).
Se non puoi partire o hai budget limitato
Non sentirti in svantaggio. Ci sono corsi online pensati proprio per chi lavora o studia già, anche serali o nel weekend. Su internet trovi pure risorse gratuite (ma occhio a cosa scegli: meglio materiali fatti per chi lavora in hospitality, non solo app generiche!).
Un’altra idea è esercitarsi a parlare con altri studenti—le classiche “language exchange” funzionano più di quanto pensi, e anche online ci sono un sacco di gruppi dove allenarsi senza paura di essere giudicati.
Cose successe davvero (non frasi fatte)
Sentiamo spesso studenti dire: “Ho studiato anni l’inglese, poi arriva il primo cliente straniero e vado in tilt!”. Normale, succede a tutti. Gli errori più comuni? Limitarsi solo allo studio teorico e farsi bloccare dalla paura di sbagliare. La buona notizia: con la pratica vera, anche minima, la sicurezza cresce a vista d’occhio.
Un altro punto: molti si rendono conto dell’importanza dell’inglese professionale solo quando iniziano uno stage o un part-time. Dopo la prima figuraccia, scatta la motivazione. Senza presa in giro: tutti hanno fatto errori, anche quelli che oggi danno consigli.
FAQ pratiche
Che livello di inglese bisogna avere per lavorare in un hotel internazionale?
Il livello “bello fluente” serve solo per certe posizioni. Sovente basta un B2, cioè autonomia e chiarezza nel comunicare. Se poi aspiri a ruoli manageriali, il livello si alza.
Il corso d’inglese del mio istituto alberghiero basta?
Non sempre. Alcuni sono davvero utili, altri restano molto “base”. Se hai la possibilità, integra con lezioni mirate o, almeno, esercitati nella conversazione pratica.
Serve una certificazione ufficiale per lavorare?
Dipende sempre dal posto: spesso no, ma se vuoi andare avanti nella carriera o puntare all’estero, può fare la differenza.
Speriamo che questa panoramica ti sia utile. Se ti serve un confronto senza pressioni, oppure hai dubbi su quale percorso sia realistico per te, chiedi pure. Non abbiamo la bacchetta magica (purtroppo), ma di esperienze vere ne abbiamo sentite e vissute tante. Se vuoi parlarne, ci trovi qui—senza promesse vuote, ma con tanti consigli concreti.
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