Corsi di inglese per studenti di architettura: come scegliere davvero quello giusto
Se stai pensando di studiare architettura in un altro paese — magari nel Regno Unito, negli USA, in Australia o in Canada — una cosa che spesso si sottovaluta è l’inglese. E non parliamo solo di capire un film o scrivere una mail: le facoltà di architettura (soprattutto all’estero) parlano un “linguaggio loro”, pieno di termini tecnici e modi di comunicare che non trovi nelle normali lezioni d’inglese scolastiche.
Ci si rende conto del problema spesso troppo tardi: magari quando, già all’università, si fatica a seguire una conferenza, o si scopre che i software specifici hanno istruzioni solo in inglese tecnico. Se hai già vissuto quelle ore passate a tradurre a mano pagine di glossari, capisci di cosa parlo.
Perché un corso “su misura” per architettura può davvero fare la differenza
Un corso di inglese pensato proprio per chi studia architettura non è una trovata di marketing, ma una mano concreta su queste cose:
- Impari parole e frasi che userai davvero: materiali, tecniche di costruzione, nomi degli strumenti e dei processi, ma anche come si chiamano le versioni inglesi dei software da cui non si scappa.
- Ti abitui a leggere (e capire) testi complessi: non solo romanzi, ma regolamenti, manuali, paper scientifici e articoli di settore.
- Alleni la scrittura “come la vogliono le università all’estero”: report, presentazioni, project brief, email ai professori e via così.
- Ti eserciti a parlare davanti ad altri: nelle presentazioni, nei workshop, nei colloqui di gruppo. E a sentire come si esprimono gli altri, che spesso sono studenti da tutto il mondo.
Da cosa partire quando scegli un corso
Facile perdersi tra le mille offerte. Ecco qualche punto che noi consigliamo sempre di tenere a mente — magari non troverai IL corso perfetto, ma è bene sapere a cosa guardare davvero:
- Attenzione al lessico tecnico: chiedi se il corso prevede moduli pratici dove si parla del settore, non solo esercizi di grammatica.
- Chi insegna? Meglio se ci sono docenti che capiscono la materia o hanno un’esperienza (anche minima) nel mondo dell’architettura.
- Cosa si fa a lezione? Un buon corso alterna lettura, ascolto, scrittura e conversazione… il tutto calato in contesti realistici, non solo simulati.
- Orari e modalità di frequenza: tra tesi, esami e progetti, la flessibilità aiuta. Valuta se puoi fare anche online o nei weekend.
- Orientamento alle certificazioni: molte università fuori dall’Italia chiedono una certificazione (IELTS, TOEFL, ecc.). Se serve anche a quello, meglio.
Dove trovarlo?
Negli ultimi anni, qualche università e diversi enti privati (inclusi quelli online) hanno creato corsi di inglese “professionalizzanti” o persino gruppi di studio per chi viene da architettura, ingegneria, ecc. Se a scuola o già in università non ne trovi, puoi cercare online — a volte basta vedere cosa propone l’ordine degli architetti locale, o domandare a chi ha già fatto questa esperienza.
Le difficoltà che nessuno dice ad alta voce
Qualcuno pensa che basti cavarsela con l’inglese “così così”, oppure si affida a un corso troppo generico, nella speranza che “tanto poi lo impari lì”. In realtà, senza una buona base tecnica si rischia di sentirsi sempre un passo indietro — sia in classe che davanti a uno stage o a una collaborazione internazionale.
Non aiuta nemmeno scegliere qualcosa di troppo vecchio o troppo “accademico” che poi non ti farà mai vedere, per esempio, come si potrebbe davvero scrivere una relazione di progetto in un’università inglese.
E poi, c’è tutta la questione della cultura accademica: spesso, si arriva convinti di sapere come funzionano esami e workshop… e poi si scopre che in UK o in Australia hanno criteri di valutazione e aspettative molto diverse. Sapere almeno in cosa si differenziano può evitare brutte sorprese.
Esperienze vere — due storie che dicono tanto
Un ragazzo che abbiamo seguito ci ha scritto una volta: “Pensavo che il mio inglese fosse buono. Poi però, durante le prime settimane in UK, non capivo mezza domanda ai seminari e mi sentivo fuori luogo. Solo dopo aver seguito un corso di inglese per architettura sono riuscito a sbloccarmi — e a parlare senza paura davanti ai compagni.”
Un’altra ragazza, invece, ci ha raccontato: “Sono partita senza il livello richiesto, pensando di recuperare. Ma l’università chiedeva almeno il B2, e senza quello nemmeno mi hanno fatto iniziare. Meglio non rischiare: verificate sempre prima.”
Se non puoi permetterti un corso oppure hai poco tempo…
Non tutti possono fare corsi a pagamento o dedicare molte ore a settimana. In quel caso, la strada migliore è creare una mini-routine quotidiana: leggere articoli di settore (ce ne sono gratis anche online), vedere video, farsi un piccolo glossario personalizzato. Anche trovare qualcuno con cui scambiare due chiacchiere in inglese “da architetto”, magari in un gruppo Facebook o su Discord, può fare miracoli.
Qualche risposta rapida alle domande più frequenti
- Mi serve per forza un corso di inglese tecnico per architettura?
- Non è obbligatorio, ma è quello che fa la differenza tra “fare fatica” e riuscire a seguire davvero. L’inglese tecnico è molto specifico, e solo chi lo ha provato sa quanto può aiutare.
- Che livello di inglese serve per studiare architettura all’estero?
- Quasi tutte le facoltà chiedono almeno il B2, alcune addirittura il C1. Non basta un autodichiarato: serve spesso il certificato. Occhio ai requisiti di ciascuna università: cambiano parecchio.
- Come faccio a migliorare il mio inglese tecnico, anche da solo?
- Inizia da testi, video e risorse che trovi online, meglio se specifici per architettura. Scrivi e “ruba” dai glossari; partecipa a community dove si parla solo in inglese, magari a tema progettazione.
- Studey può darmi una mano?
- Non siamo una scuola di inglese classica, però possiamo aiutarti a trovare risorse valide e aggiornate, darti dritte su cosa studiare e perfino riguardare i tuoi testi o la tua presentazione per il personal statement. Alcuni ex studenti mettono a disposizione anche i loro appunti ed esperienze.
In sostanza: l’inglese “da architetto” può sembrare un ostacolo grande, ma col giusto approccio — e qualche consiglio pratico — diventa molto più gestibile. Noi la differenza tra la teoria e la realtà l’abbiamo sperimentata sulla pelle, e sappiamo bene cosa può aiutare davvero. Se hai qualche dubbio, qualche ansia o semplicemente non sai da dove partire, sappi che sei tutto fuorché solo: scrivici senza problemi, raccontaci la tua situazione. Non promettiamo bacchette magiche, ma nessuno qui si è mai pentito di aver chiesto aiuto.
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