Corsi di inglese per chi vuole trasferirsi all’estero: guida pratica (e senza filtri)
Che tu stia pensando di partire per motivi di studio, lavoro o semplicemente per voglia di cambiare aria, la questione della lingua inglese prima o poi arriva. L’inglese “che si studia a scuola” di solito non basta, e chi parte se ne rende conto molto in fretta. Ma come si fa a scegliere il corso giusto — senza farsi abbindolare da pubblicità perfette o false promesse? Qui proviamo a mettere insieme quello che avremmo voluto sentirci dire, prima di fare le valigie.
Perché non basta "imparare l’inglese": cos’è che serve davvero?
A volte ci si iscrive a un corso di inglese “general” e si pensa di essere pronti per atterrare a Londra o Dublino e capirci tutto… poi la realtà è ben diversa.
Ecco le principali tipologie di corsi e come scegliere quello che fa per te:
- Inglese “generale”: Ottimo per vivere, ordinare al pub, arrangiarsi nelle situazioni quotidiane.
- Inglese “accademico”: Pensato per chi deve seguire lezioni, partecipare ad esami, scrivere essay complicati. Se vuoi andare all’università all’estero, ti servirà imparare anche QUESTO inglese — non solo quello delle “chat” tra amici.
- Preparazione a certificazioni: Tipo IELTS, TOEFL o Cambridge. Spoiler: servono quasi sempre per entrare nelle università UK, USA, Australia, ecc.
- Inglese professionale: Se vuoi lavorare mentre studi o fare uno stage all’estero, possono servire corsi più specifici (es. “business English” o simili).
Piccola nota sincera: non serve innamorarsi di mille corsi. A volte basta scegliere quello GIUSTO per il proprio obiettivo, non quello “più figo di tutti”.
Come orientarsi tra mille corsi di inglese?
Sappi che non esiste il “corso perfetto” per tutti. Prova a chiederti queste cose:
- Mi serve una certificazione? Molto probabilmente sì. Se vuoi iscriverti all’università fuori dall’Italia quasi sempre chiedono IELTS o simili. Occhio, però: il corso deve davvero prepararti al test, non bastano solo esercizi a caso.
- Voglio fare progressi pratici? Ok la grammatica, ma serve imparare a cavarsela davvero. Meglio quelli con simulazioni reali: mock exam, lavori di gruppo, discussioni, task concreti.
- C’è qualche insegnante che capisce le fatiche di chi parte dall’Italia? Fidati, sapere come ragionano gli italiani aiuta per correggere errori tipici (come la pronuncia delle “th” o il panico davanti al listening).
- Durata e intensità: Se pensi di fare miracoli in due settimane, sappi che di solito non funziona. Meglio darsi tempo e scegliere corsi proporzionati (e non quelli “full immersion” che promettono la luna).
- Cosa dicono gli altri studenti che ci sono già passati? Le recensioni servono, ma le chiacchiere con chi l’ha vissuto sulla pelle sono anche meglio.
Gli errori più frequenti (e dolorosi)
Avviso spassionato: nessuno è immune. Ecco alcune classiche “trappole” da evitare, con onestà:
- Pensare che tre settimane bastino per “diventare fluent”: ci siamo cascati quasi tutti. L’inglese si costruisce nel tempo.
- Studiare solo inglese “conversazionale”: poi arriva il primo essay, e lì sono dolori. Serve anche allenarsi su writing e reading difficili.
- Prepararsi poco o a caso per il test IELTS: ogni test ha i suoi trucchi e criteri. Meglio “allenarsi” come si deve, invece che andare a tentoni.
- Dimenticare il fattore “cultura”: parlare è importante, ma capire come si parla (e come si ragiona) lo è altrettanto.
- Scegliere soluzioni “fai-da-te” senza feedback: lo capiamo, i costi a volte spaventano. Ma almeno qualche feedback da un insegnante esperto che sa dove sbagli, serve sempre.
Solo corsi in Italia? Serve anche altro
Studiare l’inglese “a distanza”, mentre sei ancora in Italia, va bene come base — ma spesso non basta per saltare il fosso. Ecco qualche dritta pratica (che ha aiutato davvero chi ci è passato):
- Corsi intensivi all’estero o summer school: anche pochi giorni immerso/a in UK o Irlanda, fanno tutta la differenza del mondo (soprattutto per l’ascolto e la sicurezza).
- Stage, tirocini, volontariato: sì, anche “campi estivi” o scambi. Complicano un po’ la vita, ma fanno imparare (e ti mettono di fronte alla realtà).
- Un supporto personalizzato (tipo quello di Studey) per tutta la parte extra-lingua: lettere di referenza, personal statement, revisione della pagella… tanti studenti italiani si incastrano su queste cose, non solo sulla parte grammaticale!
- Webinar e coaching: non è roba da “nerd”, ma uno strumento per stare dietro a scadenze, moduli, scelte di corsi, senza perdere colpi (o perdere la pazienza).
Destinazioni: quale scegliere e perché non sono tutte uguali
Spoiler amaro: non basta “andare all’estero” per imparare l’inglese (e divertirsi). Cambiano fattori come burocrazia, prezzi, regole dei visti, e approccio nelle scuole. UK, Irlanda, USA, Canada, Australia: ognuna ha le sue opportunità, ma anche i suoi problemi pratici.
Non è solo una questione di “costo”: prova a chiederti dove ti sentirai più a tuo agio, quale sistema universitario fa al caso tuo, e valuta bene i tempi di adattamento (e la nostalgia di casa!).
Domande vere, risposte senza filtri
Quanto tempo serve per prepararsi a un esame tipo IELTS?
Dipende da dove parti: un livello “intermedio” di solito richiede almeno due o tre mesi di studio serio (non maratone notturne all’ultimo). Se parti da zero, serve di più.
Posso fare tutto online?
Volendo sì, ma restare solo davanti allo schermo non basta quasi mai. Meglio mescolare lezioni online e momenti di pratica vera, anche solo guardando serie con i sottotitoli o facendo una chiamata ogni tanto con amici che vivono già fuori.
Vale la pena fare un breve corso all’estero prima di cominciare l’università?
Spesso sì, specialmente se temi lo shock iniziale. Tante testimonianze raccontano che anche solo due settimane fanno già cambiare registro e danno sicurezza. Non è obbligatorio, ma spesso aiuta.
E se non passo il test d’inglese richiesto dall’università?
Non sei l’unico/a: succede più spesso di quanto pensi. Alcune università ti danno la possibilità di seguire corsi “foundation” per recuperare subito, altre ti chiedono di riprovare. Di solito, se ne parli per tempo, si trova una soluzione.
In pratica: come partire col piede giusto
Pianificare il proprio percorso d’inglese è parte della storia, non la destinazione finale. Se sei già nel vortice delle cose da fare (iscrizioni, visti, scadenze) e ti senti perso/a, sappi che nessuno nasce “preparato” — e non c’è vergogna a chiedere aiuto.
Studey resta qui per rispondere, anche quando l’ansia ti assale e i dubbi sembrano troppi. Se vuoi fare due chiacchiere con qualcuno che ci è già passato, sapere di più, o solo avere delle dritte realistiche (più che promesse), possiamo costruire insieme un piano che abbia senso PER TE — senza illusioni.
Hai bisogno di una mano vera o solo di una mappa più chiara? Siamo qui. Scrivici, raccontaci dove sei bloccato, e vediamo come possiamo rendere la tua partenza meno spaventosa.
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