Corsi di inglese per chi vuole lavorare nel turismo: guida schietta, senza filtri
Se stai pensando di buttarti nel mondo del turismo, l’inglese è praticamente il tuo biglietto d’ingresso. E qui non ci giriamo intorno: serve, e serve davvero. Però attenzione — il corso “giusto” è quello che ti prepara veramente alle situazioni che troverai quando sarai tu, davanti al cliente, ad arrangiarti con una prenotazione, un reclamo o una richiesta strana alle 7 di mattina.
Qui sotto trovi una guida per orientarti: niente magie né scorciatoie promesse. Solo quello che abbiamo visto funzionare davvero, ma anche le paturnie tipiche che chi ci è passato conosce bene.
Perché scegliere davvero un corso di inglese per il turismo?
Il settore è internazionale: che lavori in un campeggio in Salento, in un ostello a Edimburgo o su una nave da crociera, avrai sempre a che fare con persone che parlano inglese (spesso con accenti assurdi, te lo diciamo subito). La differenza tra l’inglese “scolastico” e quello che serve a lavoro è enorme: nel turismo servono prontezza, termini tecnici e quel minimo di “mestiere” che solo certe situazioni ti insegnano — tipo gestire la reception la notte di Ferragosto.
I tipi di corsi che esistono (e a chi servono davvero)
Facciamo chiarezza, perché c’è parecchia confusione in giro:
- Corsi di inglese generale con moduli “turismo”: vanno bene se parti da zero o quasi e vuoi aggiungere qualcosa di pratico. Spesso sono organizzati da scuole “tradizionali”, ma controlla che i moduli non siano solo una lezione ogni tanto.
- Corsi di business English o dedicati al turismo: questi risolvono il problema “Ok, so l’inglese, ma come dico che l’ascensore è rotto senza far scappare il cliente?”. Se hai già una buona base e vuoi imparare le frasi giuste, le espressioni tipiche e sbatterci la testa subito sulle situazioni vere, sono l’opzione migliore.
- Certificazioni specifiche: esistono, ma occhio che non valgono sempre dappertutto. Alcuni esami IELTS o Cambridge hanno moduli per l’ambito “Hospitality”. Utile se il lavoro che cerchi richiede un certificato ufficiale.
- Corsi brevi/intensivi all’estero: ottimi se vuoi imparare sul posto e non hai paura di uscire dalla comfort zone. Però attento ai costi e, soprattutto, alla serietà degli operatori: la fregatura è dietro l’angolo.
Cosa devi controllare (non solo quello che ti dicono nelle brochure)
- La scuola è accreditata? Questo fa già metà della differenza tra “soldi ben spesi” e “buttati”.
- Il corso prevede simulazioni e situazioni reali? Teoria... ok, ma la differenza la fa il role-play sulle situazioni assurde che solo nel turismo succedono davvero.
- Quanto dura e quanto è intenso? Diciamolo: il corso breve di tre giorni ti darà qualche dritta, ma non farà miracoli se parti da zero.
- C’è la preparazione per una certificazione vera? Spesso serve nelle selezioni. Meglio mettersi in regola anche con questa parte.
- Come si lavora in classe? Tanta pratica o solo esercizi? Più la simulazione è realistica, meglio è (attenzione alle scuole “solo grammatica”, rischi di imparare mille regole e zero pratica).
Le difficoltà reali (meglio sapersi preparare che sognare ad occhi aperti)
Il turismo è affascinante, ma spesso stancante, competitivo e — inutile negarlo — anche un po’ precario.
- Lavoro stagionale e orari improbabili: Fare i turni anche di notte o nei festivi è normale, specie all’inizio.
- Salari non sempre altissimi: All’inizio c’è da sgobbare e farsi esperienza, e lo stipendio non è quello che vedi nelle serie TV.
- La lingua non basta: Bisogna anche sapersi adattare, lavorare sotto stress, a volte “improvvisare” se le cose non vanno come previsto.
- Attenzione ai corsi troppo economici che promettono l’impossibile: Meglio investire bene una volta che fare dieci corsi “fuffa”.
Due storie vere (niente menate, solo quello che è successo davvero)
- Giulia, 21 anni: Ha scelto British Council a Londra per un corso intensivo settore turismo. Tante simulazioni pratiche, insegnanti che lavoravano/hanno lavorato davvero in hotel e ristoranti. Dopo tre mesi, lavora alla reception di una catena internazionale a Manchester (pagata il giusto, non la favola del “grande hotel”!). Secondo lei, le simulazioni sono state la chiave — altro che solo libri.
- Luca, 19 anni: Ha fatto un corso generico in una scuola locale in Italia, senza approfondire la lingua “da lavoro”. Arrivato sul posto, si è trovato spaesato: clienti che parlavano a mitraglietta, situazioni non previste dal corso... Risultato: tante difficoltà, qualche occasione saltata, ma almeno la consapevolezza che “inglese scolastico” e “inglese vero” sono due mondi diversi.
Alcuni consigli senza peli sulla lingua
- Se pensi di essere all’inizio, meglio fare prima un corso generale, poi puntare su quello specifico.
- Considera anche lo spagnolo, il francese, il tedesco se vuoi lavorare in particolari destinazioni molto popolate.
- Se hai la possibilità, cerca stage o tirocini in strutture turistiche: sbagliare “dal vero” fa crescere più di qualsiasi libro.
- Non ti fidare di chi ti promette la “carriera all’estero in un mese”, soprattutto se parte tutto da un corso miracoloso online.
In sintesi
Imparare inglese per il turismo non è questione di “corso giusto e via”, ma di trovare la combinazione che funziona per te: scuola seria, tanta pratica, esperienze reali in cui testare quello che hai imparato. E ci sta anche che la strada sia piena di ostacoli e, a volte, di delusioni. Ma con la preparazione giusta — e qualcuno accanto che ti dice come stanno davvero le cose — la soddisfazione è doppia.
Se hai dubbi, curiosità, o vuoi capire come funziona davvero la preparazione linguistica per il turismo, chiedi pure. Da chi ha passato notti a studiare menù, fatto figuracce con i clienti e imparato l’inglese “da campo” più che da banco: non abbiamo risposte magiche, ma quello che sappiamo te lo diciamo senza giri di parole.
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