Corsi di inglese con internship: tutto quello che non ti dicono (ma che dovresti sapere davvero)
Partire per studiare inglese all’estero è un passo che in tanti sognano, soprattutto per chi vuole “sbloccare” meglio la lingua e magari aggiungere qualcosa di concreto al CV. Negli ultimi anni sempre più studenti scelgono corsi di inglese che includono anche un internship (ossia uno stage in azienda). Sembra l’accoppiata perfetta: impari la lingua e la usi subito, magari ti fai pure dei contatti per il futuro. Ma, ti dico sinceramente, questa strada non è per tutti e, soprattutto, nasconde più di una insidia. Qui provo a metterti in chiaro il quadro, con tutte le domande (e le ansie) che io stesso mi sono fatto anni fa, e sento ancora ogni giorno dagli studenti che supportiamo su Studey.
Cos’è davvero un corso di inglese con internship?
In pratica fai un normale corso di inglese in una scuola all’estero, poi, quando il tuo livello lo permette, vieni inserito in un’azienda locale — spesso per qualche settimana, a volte di più. L’idea, ok, sembra bella: impari la lingua in aula, poi la metti alla prova nel lavoro vero. Solo che nella vita vera, tra “bello” e “utile”, ci sono delle differenze che è bene sapere prima di partire.
Perché farlo (e quando invece lasciar perdere)
- Usi l’inglese sul serio: Le lezioni vanno bene, ma lavorare — con clienti, colleghi, e una routine reale — ti costringe a uscire dalla comfort zone e a imparare quei “trucchi” che in classe non si vedono mai.
- Aggiungi una voce di peso al CV: Anche uno stage breve all’estero attira gli occhi di chi seleziona, soprattutto se non hai ancora esperienze lavorative vere.
- Scopri se la vita e il lavoro fuori ti piacciono sul serio: Meglio capirlo durante uno stage che dopo una scelta di studio o carriera più lunga.
Ma occhio: se sei ancora molto insicuro con l’inglese (livello base), rischi di passare le giornate a fare fotocopie o in silenzio alle riunioni. Servono almeno un B1 o un B2 “vero”, non quello che scrivono sui certificati, ma quello con cui riesci almeno a spiegarti anche in momenti di ansia o davanti a una richiesta fuori programma.
Come funziona, davvero?
- Si parte scegliendo la scuola — Non fare troppa attenzione solo al fatto che “offre internship”: scopri con precisione CHE TIPO di internship offrono, in quali settori, con che tipo di aziende e come selezionano i posti. Qui le differenze sono enormi.
- Prima qualche settimana di lezione (di solito 4-8), in gruppo con altri studenti.
- Poi lo stage (può essere in contemporanea alle lezioni oppure dopo). Spesso si tratta di aziende di servizi, agenzie, uffici turismo, piccole realtà, raramente le grandi multinazionali.
- Durante lo stage: Se la scuola è seria, avrai un tutor, qualcuno che sta “dalla parte tua” per mediare e aiutarti se ti senti perso.
- La burocrazia e i visti: Cambia tutto a seconda del paese, e spesso sono più noiosi da affrontare di quel che sembra dalle brochure.
Quanto dura, quanto costa e cosa c’è dietro la parola “opportunità”
La durata dei programmi varia tanto: c’è chi fa due mesi, chi punterebbe anche ai sei. Banalmente, più stai, più costa tutto: il corso, l’alloggio, i trasporti. Più di rado gli stage sono retribuiti: spesso la parte “reale” della formazione sei tu che “paghi” per imparare, non il contrario. Se trovi offerte insolitamente low cost, chiediti: i tirocini sono davvero di qualità, o finirai a sistemare faldoni in un sottoscala? Non farti incantare da prezzi bassi: in questi casi “prendi quello che paghi” vale doppio.
Le fregature e le difficoltà di cui nessuno parla
- Stage “fantasma” o di basso profilo: Alcuni provider ti promettono internship “internazionali”, poi ti ritrovi a fare job-shadowing o mansioni banali che alla lunga non servono davvero a nulla sul CV (e si capisce). È brutto dirlo, ma succede.
- Zero aiuto, zero tutor: Partire con entusiasmo e trovarsi senza nessuno a cui chiedere aiuto se non capisci una task, o quando ti senti giù… non auguro a nessuno quell’ansia lì.
- Aspettative da “protagonista” (e la realtà): Lo dico chiaro: uno stage di qualche settimana non ti trasforma in professionista né garantisce un posto di lavoro. Spesso dà solo un’infarinatura — ma può essere bella solida e utile se vissuta con lo spirito giusto.
- Se il tuo inglese barcolla, barcolla anche lo stage: Se all’inizio capisci metà di quello che ti dicono, sappi che è normale. Ma se non riesci proprio a comunicare, l’esperienza diventa frustrante per te… e per chi ti ospita.
UK, Irlanda, Canada, Australia… quale scegliere?
La destinazione “giusta” non esiste per tutti. Alcune, in pillole:
- Regno Unito: Ottimo posto per imparare l’inglese “vero”. Tanta offerta, ma costi alti (e gli affitti, dopo la Brexit, una faticaccia).
- Irlanda: Super accogliente, mercato del lavoro vivace ma più piccolo. I servizi agli studenti spesso sono davvero buoni.
- Canada: La multiculturalità qui non è uno slogan. I tirocini sono spesso interessanti, ma la burocrazia dei permessi può farti perdere la pazienza.
- Australia: Volare lì costa un rene, però per chi ama turismo, eventi, ospitalità è una miniera di possibilità.
Scegli pensando a cosa vuoi davvero, anche a livello di clima, distanza da casa e network.
“Ci sono passato anch’io”: qualche storia vera
Giulia, 22 anni, Irlanda: “Il primo giorno in azienda ero terrorizzata. Mi sembrava di non capire niente di quello che dicevano nelle riunioni. Poi, piano piano, il tutor mi ha aiutata a prendere le misure e a parlare anche quando mi sentivo insicura. Non è stato facile, ma a fine stage mi hanno tenuta per qualche altro mese part-time.”
Marco, 24 anni, UK: “Ho fatto uno stage in una piccola azienda turistica. Sono stato sincero: speravo di fare di più, ma le prime settimane mi facevano solo rispondere alle mail e sistemare brochure. Dopo averne parlato col referente della scuola, mi hanno dato più autonomia. Il suggerimento? Non avere paura di dire quello che vuoi e di alzare la mano se qualcosa non ti quadra.”
Le domande che riceviamo più spesso
- Serve un livello minimo d’inglese?
- Sì, e non solo sulla carta. Essere almeno a livello B1/B2 ti evita l’effetto “pesce fuor d’acqua”.
- Gli stage sono pagati?
- Quasi mai. A volte c’è un rimborso spese, ma in generale punta sull’esperienza, non sui soldi.
- Posso scegliere esattamente l’azienda?
- In molti casi puoi dire cosa preferisci, ma raramente avrai una lista da cui scegliere. Più sei flessibile, più sarai soddisfatto.
- Se va tutto storto, chi mi dà una mano?
- Chiedilo prima di partire: la presenza di un tutor fa tutta la differenza.
Cosa portarti a casa, davvero
Il corso di inglese con internship può aprirti finalmente la porta del mondo lavorativo estero, ma solo se sei onesto con te stesso su quello che vuoi e quello che puoi gestire. Nessuno ti trasforma per magia in fluente speaker o manager dopo qualche mese. Ma può essere la palestra giusta per crescere davvero, mettersi alla prova e togliersi qualche paura.
Hai mille dubbi? Non sei l’unico. Se vuoi parlarne, anche solo per un confronto pratico senza fronzoli, noi di Studey ci siamo. Siamo passati dagli stessi sogni, dalle stesse nottate di ansia, dallo stesso “e se poi non ce la faccio?”. Nessuna domanda è “stupida”, e se non sappiamo la risposta, la cerchiamo insieme.
In fondo, partire non è mai solo questione di valigie e moduli: è una maratona dove conta (anche) chi corre con te.
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