Studiare inglese all’estero facendo anche volontariato: come funziona davvero
Tra chi sogna di migliorare l’inglese all’estero, sta prendendo sempre più piede una formula un po’ diversa dal solito: il corso di lingua abbinato al volontariato locale. In pratica, passi una parte della settimana a lezione e il resto a dare una mano in progetti reali nella comunità che ti ospita. Ma com’è, davvero, un’esperienza così? Vale la pena? Chi l’ha fatta dice spesso che “ti cambia la prospettiva”, ma ci sono anche lati meno instagrammabili che è meglio sapere prima. Qui proviamo a raccontarti tutto — senza filtri, promesse esagerate o slogan facili.
Che cosa significa, nella pratica
La proposta di base è semplice: unisci un corso di inglese (ci sono scuole che offrono pacchetti appositi) a un’esperienza di volontariato in loco. Cosa puoi fare dipende molto dal paese, dalla scuola e dalle tue competenze. Di solito si tratta di aiuto a bambini, attività in associazioni, progetti ambientali, sostegno a chi è in difficoltà, a volte anche piccoli eventi culturali o community center. Non sono “lavoretti” da stagista, ma occasioni in cui davvero parli inglese in situazioni concrete. E se c’è una cosa che fa crescere all’estero, è proprio mettersi nei panni e negli accenti di chi vive lì tutti i giorni.
Cosa ci si porta a casa (oltre all’inglese)
Parlare una lingua in classe è un conto, doverla usare mentre aiuti qualcuno — e magari ti perdi ogni tanto — è un altro. Ecco, il bello sta lì: capisci i modi di dire, impari a cavartela, acquisisci anche uno “spirito pratico” che tornerà utile. Gli amici difficilmente li fai tra banchi e biblioteche: i veri legami nascono quando vivi qualcosa insieme, compresi momenti buffi (o imbarazzanti).
- L’inglese che impari è “vero”, non da manuale
- La città/paese che ti ospita inizia ad avere un senso diverso — ci vivi, non sei solo turista
- Puoi conoscere persone molto diverse tra loro (non solo altri italiani!)
- Se vuoi arricchire il CV, conta: ma più come esperienza di vita che come “requisito tecnico”
Occhio, però, non è una passeggiata
Dire “fai volontariato” suona bello, ma nella pratica occorre energia. Dopo quattro ore di lezione non sempre hai voglia di tirarti su le maniche. Capita di sentirsi fuori posto, di non capire tutto, di non riuscire a dare davvero un contributo. È normale. Anche la qualità delle associazioni cambia molto: alcune sono serissime, altre meno. Se il programma costa troppo o ti sembra poco strutturato, chiedi senza vergogna: “Esattamente che ruolo avrò? Chi coordina? Posso parlare con altri che hanno già partecipato?” Lo dico perché, personalmente, a volte le informazioni sono vaghe: e non è bello spendere tempo (e soldi) per ritrovarsi a fare fotocopie.
Ecco qualche domanda che faresti bene a porti (e chiedere a chi organizza):
- Quante ore effettive si passa davvero a contatto con la comunità?
- C’è un supporto reale per chi si blocca con l’inglese o si sente in difficoltà?
- Il volontariato viene certificato o resta un’esperienza “a parole”?
- Ci sono costi extra imprevisti? (Uniformi, trasporti, assicurazioni… spesso non sono chiarissimi da subito)
- L’associazione ha avuto altri studenti italiani? Puoi sentirli/usare i loro feedback?
A chi lo consigliamo (e a chi… forse no)
Se sei il tipo che vuole buttarsi, imparare anche dagli errori e hai già qualcosa da dire in inglese (anche solo basilare), il mix corso + volontariato può essere davvero una marcia in più. Anche se, senza retorica, serve pazienza: non aspettarti tutto facile, né che ti ringrazino perché sei arrivato da lontano a “salvare il mondo”. Ma scoprirai forse una parte di te che all’università non esce mai fuori.
Viceversa: se ti serve solo una certificazione rapida tipo IELTS o vuoi stare tranquillo senza imprevisti, forse meglio un corso tradizionale. Vale lo stesso se il budget è proprio al centesimo: certi programmi hanno costi nascosti e servono riserve di energia, non solo di soldi.
Come scegliere sul serio
- Cerca info vere sull’associazione (recensioni, social, ex studenti). Se non ti convincono, fidati del naso.
- Chiedi dettagli sul volontariato: cosa farai davvero? Ci sono esempi di progetti passati? Puoi parlare con chi l’ha già fatto?
- Confronta i tipi di corso: solo madrelingua? Classi piccole o mega gruppi? I metodi sono innovativi, o sempre le stesse fotocopie?
- Valuta chi ti supporterà per burocrazia, reference letter, personal statement. (Studey lo fa, ma la pubblicità te la risparmiamo: chiedici pure, non offriamo pacchetti “miracolosi”)
- Sii chiaro con te stesso su cosa vuoi portarti a casa in termini di crescita, non solo di curriculum
FAQ reali, non da vetrina
- Il volontariato viene riconosciuto ufficialmente?
- Dipende dal programma e dalla scuola. Spesso è esperienza extracurriculare. Qualcuno rilascia un attestato, pochi danno crediti ufficiali.
- Che costi devo aspettarmi?
- Va da alcune centinaia fino a migliaia di euro, a seconda di alloggio, città, assicurazioni. Chiedi sempre un preventivo scritto e occhio alle “opzioni extra” (trasporti, visti, uniforme: di solito non sono inclusi).
- Che livello d’inglese serve?
- Un po’ di base sempre, almeno per non sentirsi persi. Se parti davvero da zero, forse meglio iniziare con solo scuola e aggiungere il volontariato dopo.
- Si può fare volontariato senza corso?
- Sì, soprattutto se già vivi lì. Ma il corso aiuta non solo per la lingua, anche per prepararti alla cultura locale — che, fidati, conta almeno quanto la grammatica.
Se vuoi sapere quali programmi sono attivi, avere dritte su come sceglierli, o anche solo chiarirti idee e dubbi che qui non abbiamo risolto, scrivici pure. Zero promesse da brochure, ma tutta la trasparenza e l’aiuto che nel nostro piccolo possiamo dare, da chi ci è passato prima. L’estero non è sempre semplice, ma qualche trucco imparato sul campo può davvero fare la differenza.
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