Corsi di inglese con volontariato internazionale: verità, consigli e cose da non sottovalutare
Se stai pensando di migliorare l’inglese e allo stesso tempo fare qualcosa di utile per gli altri – magari dall’altra parte del mondo – ti sarai già imbattuto nei programmi che uniscono corsi di lingua e volontariato internazionale. Sembra la soluzione perfetta, vero? Impari la lingua, vivi un’esperienza intensa, fai curriculum. Ma prima di partire in quarta, forse ti può essere utile sapere cosa succede davvero “sul campo”. Qui niente filtro Instagram: solo quello che abbiamo visto e vissuto, o che ci hanno raccontato studenti come te.
Cosa vuol dire “inglese + volontariato internazionale” nella pratica?
In poche parole, questi programmi uniscono lezione di inglese (di solito in scuole per stranieri) e qualche ora di volontariato ogni settimana. Il volontariato può essere davvero di ogni tipo: si va dall’aiuto con bambini e anziani, a piccoli lavori per ONG locali, a iniziative ambientali. L’idea di fondo è che impari l’inglese non solo sui libri, ma anche mettendoti in gioco nella vita vera, confrontandoti con persone (e accenti) diversi dal solito.
Cosa ci guadagni, davvero?
- L’inglese autentico: Quello vero, con slang, inflessioni particolari, situazioni reali in cui – spoiler – spesso non hai l’insegnante lì a soccorrerti. Sì, all’inizio è tosta, ma con il tempo scatta una marcia in più rispetto ai corsi “tutti italiani”.
- Crescita personale: Non vuoi le solite frasi da brochure, ma davvero: impari a gestire imprevisti, silenzi, incontri con modi di vivere molto diversi dal tuo.
- Skill che fanno curriculum: I datori di lavoro e le università serie guardano con interesse chi ha fatto qualcosa fuori dalla comfort zone, imparando a risolvere problemi veri (non solo esercizi di grammatica).
Ma le difficoltà? Ce ne sono, ed è bene saperlo.
- Non tutto il volontariato è “significativo”: Alcune scuole propongono attività poco coinvolgenti, o ti mettono semplicemente a “dare una mano” senza un vero ruolo. Chiedi sempre: che tipo di progetti? Chi li coordina? Ci sono testimonianze di chi li ha già fatti?
- Costi spesso poco trasparenti: Oltre a quota iscrizione, spesso ci sono spese extra per vitto/alloggio, assicurazione, e a volte una donazione aggiuntiva per il progetto (è giusto, ma è bene saperlo prima).
- Adattamento e solitudine: Entrare in una nuova realtà, dove magari nessuno parla italiano e le abitudini sono lontane dalle tue, può essere difficile all’inizio. Non è una passeggiata, specie se parti da solo.
- Burocrazia e gestione pratica: Visti, assicurazioni, orari spesso cambiati all’ultimo, e la classica sensazione di “mi sono perso qualcosa”. Sì, succede e serve essere pronti.
Come scegli un programma che abbia davvero senso per te?
- Cerca referenze vere: Siti belli e loghi importanti li hanno tutti. Prova a sentire chi ha già fatto quei corsi (soprattutto italiani!) e non avere paura di fare domande scomode.
- Chiedi il programma dettagliato: Quante ore di inglese? Quante di volontariato? C’è un tutor presente? Come funziona l’alloggio? Più dettagli hai, meglio è.
- Controlla la reputazione delle ONG coinvolte: Non tutte sono serie o realmente utili nella comunità locale.
- Fai due conti: Non solo sulle rate del corso, ma anche su cibo, trasporti, assicurazione, visti e spese “impreviste”. Meglio una brutta sorpresa ora che tra tre mesi, lontano da casa.
Cosa aspettarsi da una settimana-tipo?
Spesso la giornata si divide tra mattina in classe e pomeriggio/sera “sul campo”. Sono esperienze intense, ma anche stancanti: parlare inglese tutto il giorno può essere spossante all’inizio. E il volontariato, soprattutto quello sociale o ambientale, a volte è “manuale” e non troppo qualificato – non ci si aspetta che salvi il mondo, ma che aiuti e impari.
Ci sono alternative valide?
Assolutamente sì. Alcuni studenti preferiscono fare:
- solo il corso intensivo di inglese, magari con uno stage lavorativo;
- un periodo di volontariato indipendente più avanti, quando l’inglese lo “masticano” meglio;
- oppure optano per un vero gap year, dove studiano, fanno volontariato e magari viaggiano un po’, senza fretta e senza costrizioni.
Chi ce l’ha fatta (e chi ha fatto fatica): la storia di Marco
Marco, 21 anni, si è buttato in un corso in Irlanda con volontariato in una charity locale. I primi giorni? “Uno shock, con accenti che non capivo, e la netta sensazione di essere fuori posto.” Poi, poco a poco, è diventato quello che… tutti chiamavano quando c’era bisogno di spiegare ai nuovi arrivati come si faceva la spesa o ci si muoveva in città. Alla fine, ammette che il suo inglese è migliorato più chiacchierando con gli altri volontari che durante le ore di grammatica. Ma segnala anche che aveva sottovalutato assicurazione, l'alloggio carissimo rispetto a quanto preventivato… e un po’ di solitudine iniziale. “Lo rifarei, ma senza fare finta che fosse tutto facile”, ci dice oggi.
Domande che ci fanno spesso
- Serve già un buon inglese per partecipare?
Sì, almeno un livello intermedio (B1 o B2) è consigliato per non sentirsi troppo isolato, anche solo nelle comunicazioni di base. - Se sto solo una o due settimane, ha senso?
Ha senso se l’obiettivo è “provare” l’esperienza, ma per un cambiamento vero servono di solito almeno 3-4 settimane, specie se parti da zero. - Meglio paesi classici come UK e Irlanda, o puntare sul “fuori rotta”?
Usa la testa: dipende dal tuo livello, dal budget e da quanto vuoi immergerti. In UK e Irlanda si impara bene l’inglese autentico, ma a volte si spende di più.
La verità? Non è la soluzione magica, ma può valere la pena
L’idea di imparare l’inglese facendo volontariato all’estero funziona… se parti preparato e senza aspettarti che qualcuno faccia tutto al posto tuo. Ci sono corsi di altissima qualità, e altri che lasciano a desiderare, così come ambienti dove il volontariato significa davvero “dare una mano” e non semplicemente pagare per fare qualcosa.
Se hai domande (anche quelle che ti sembrano banali o “imbarazzanti”), scrivici senza problemi. Oppure prenota una chiacchierata con chi ha già fatto questa scelta, e può raccontarti come stanno davvero le cose – senza filtri e senza perdere tempo in slogan vuoti.
Alla fine quello che conta è trovare la strada giusta per te, non quella che suona meglio sul sito o sulla brochure. Chi l’ha già vissuta, lo sa: decidere di partire è solo l’inizio, il viaggio vero lo costruisci giorno per giorno.
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