Imparare l’inglese con il problem solving: cosa aspettarsi davvero (e come scegliere il corso giusto)
Quando immagini un corso d’inglese all’estero, forse pensi subito a banchi di scuola, regole di grammatica, file di esercizi scritti… Ma ormai molti corsi – soprattutto quelli seri e internazionali – propongono molto di più: attività dove l’inglese lo usi per affrontare problemi veri, collaborare, ragionare, trovare soluzioni. Si chiama problem solving e non è, lo diciamo subito, la solita buzzword da brochure.
Perché il problem solving è diverso dal solito corso di inglese?
Qui si va oltre l’inglese “libro alla mano”. Le attività di problem solving mettono un po’ da parte la teoria e ti buttano in mezzo a situazioni che sembrano tirate fuori dalla vita vera. E, a dirla tutta, è lì che ti rendi conto che “sapere l’inglese” non basta: serve usarlo per capire, spiegare, negoziare, magari anche discutere (in modo civile, eh).
Perché può fare la differenza?
- Ti costringe a usare la lingua con la testa e con la pancia, non solo a ripetere a memoria.
- Ti prepara a quello che succede davvero all’università all’estero (o nel mondo del lavoro): nessuno ti corregge la grammatica, ma ti ascoltano se hai qualcosa di chiaro da dire.
- Combatti quella sensazione di “parlo ma penso in italiano”, perché il ragionamento lo fai proprio in inglese, dal primo minuto.
Cosa si fa, concretamente?
Le attività di problem solving possono assumere mille forme. Le scuole serie di solito propongono:
- Case study: ti danno una situazione (magari un problema sul lavoro, o un’emergenza sociale), tu – spesso in gruppo – cerchi soluzioni e le presenti agli altri.
- Role play: giochi di ruolo, ma non quelli imbarazzanti da lezione delle superiori. Spesso simulate vere trattative, colloqui di lavoro, o risoluzioni di conflitti.
- Progetti di gruppo: insieme agli altri, pianifichi una soluzione, la sviluppi, a volte la presenti in pubblico. C’è chi trova nuovi amici così, chi impara a lavorare con persone molto diverse da sé.
- Debate: discuti per davvero, argomenti, ascolti punti di vista opposti… Spoiler: questa parte è tosta, all’inizio, specie se sei un po’ timido.
Ovviamente, se il corso è fatto bene, queste attività non ti mollano in balia di te stesso: ci sono sempre momenti per ripassare il vocabolario, per “riordinare le idee” grammaticali su cui hai le lacune. Ma tutto parte dalla pratica.
Pro e contro (sul serio)
Cosa ci guadagni:
- Impari a cavartela in inglese anche quando l’ansia blocca il cervello (e succede!)
- Tiri fuori la voce, impari a costruire ragionamenti, a difendere le tue idee
- Acquisisci skill pratiche che ti serviranno sempre, tipo lavorare in gruppo, parlare in pubblico, “reggere il confronto”
- È stimolante, meno monotono del corso tradizionale
Cosa può farti faticare:
- Devi metterci la faccia, essere presente, partecipare anche quando vorresti solo ascoltare.
- Se l’inglese è ancora troppo zoppicante rischi di sentirti spaesato – meglio partire da una base almeno discreta.
- Alcuni corsi lo fanno tanto per, giusto per riempire il programma: occhio, la qualità si vede da docenti e metodo.
Come scegliere il corso (se vuoi davvero imparare e non solo “mettere la crocetta”)
Consiglio spassionato: fatti un po’ di domande SCOMODE e pretendi risposte chiare dalla scuola:
- Il problem solving è una vera parte del corso o solo un’aggiunta ogni tanto?
- Chi insegna queste cose? Hanno esperienza pratica o sono solo “prof” elastici?
- Ti fanno lavorare SOLO in gruppo o c’è spazio anche per il lavoro individuale?
- Ci sono testimonianze di altri studenti che hanno fatto quel percorso e raccontano la loro esperienza (senza filtri)?
- Al tuo livello di inglese, il corso sarà una palestra di crescita o una doccia fredda?
Non c’è una risposta giusta per tutti: se parti da zero, meglio affrontare prima le basi e poi alzare l’asticella. Se invece l’inglese te la cavi ma temi di impappinarti appena senti parlare veloce, questo approccio può davvero aiutarti a sbloccarti.
Esperienze (vere) di chi ci è passato
Marco, che ha studiato in Irlanda, ci ha detto così:
“All’inizio ero frustrato: sembrava impossibile parlare senza prepararmi le frasi. Poi, lavorando su casi pratici, ho preso coraggio e ora le presentazioni in università non mi spaventano più!”
Sara, più onesta di così non si può:
“Non è una passeggiata, eh. Io a volte mi sono sentita proprio in difficoltà, specie i primi giorni. Ma gli insegnanti ci hanno supportato davvero: niente pressioni, solo un sacco di pazienza e sfide utili. Ma bisogna impegnarsi, se non sei motivato finisci per rimanere ai margini.”
Attenzione ai “tranelli” (parliamoci chiaro)
- Se un corso di problem solving non ti offre anche basi solide di lingua, rischi solo di sentirti più insicuro.
- Alcuni docenti non sono attrezzati: chiedi sempre referenze o feedback, meglio se da ex studenti italiani che hanno il coraggio di dire anche le cose che non vanno.
- Un buon corso non “fa finta”: le attività devono essere strutturate, non semplici “giochi di ruolo” buttati lì per riempire l’agenda.
Quindi… conviene davvero?
Se vuoi sbloccarti, prepararti a parlare in pubblico, lavorare in team e affrontare davvero l’inglese della vita vera – e non delle grammatiche – sì, un corso con attività di problem solving può essere la svolta. Ma fa per te solo se:
- Hai già LE BASI (non serve essere madrelingua, ma nemmeno “sopravvivere a fatica”);
- Vuoi (o DEVI) studiare o lavorare in ambienti internazionali dove conta saper comunicare, non solo essere corretti;
- Non hai paura di metterti in gioco e di fare qualche figuraccia, almeno all’inizio.
Se invece sei in fase super iniziale, meglio puntare a rafforzare prima un po’ di grammatica e vocabolario — ci sono corsi più classici che fanno egregiamente il loro dovere.
Non sai che strada prendere?
Capire cosa serve davvero – e a che punto ti trovi DAVVERO – non è sempre semplice, perché ogni scuola pubblicizza i corsi come “innovativi e interattivi” (certo, come no…). Se vuoi un consiglio da chi ci è passato, puoi chiedere a noi: su queste cose siamo schietti, nessuna promessa miracolosa ma un supporto onesto, anche se alla fine decidi di fare altro.
Scrivici, raccontaci dove sei e che obiettivi hai: anche solo fare chiarezza, a volte, è il primo step per partire col piede giusto.
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