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Corsi di inglese con attività di podcasting

I corsi di inglese che incorporano il podcasting offrono un approccio pratico e coinvolgente, trasformando lo studio in un'esperienza vivace e interattiva.

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Quando si pensa a un corso di inglese all’estero, spesso ci viene in mente la classica lezione con libri e file di studenti che ascoltano il docente. Ma la realtà – soprattutto quella di molti studenti italiani che partono pieni di entusiasmo ma anche di insicurezze – è molto più sfumata. E oggi ci sono approcci che rendono lo studio molto più simile alla vita reale. Uno di questi? I corsi di inglese che usano il podcasting come parte attiva del percorso.

Non ti prometto che “con il podcasting imparerai miracolosamente l’inglese perfetto”. Però, se hai voglia di metterti in gioco, è un metodo stimolante, concreto, spesso anche divertente, e pieno di piccoli (grandi) ostacoli che ti aiutano davvero a crescere.


Perché nei corsi di inglese si fa podcasting?

Fermiamoci un secondo: ascoltare podcast può sembrare una roba passiva, tipo “metto Spotify in sottofondo mentre vado a scuola”. Ma fare podcast, invece, è tutt’altra cosa.

  • Devi pensare in inglese, non solo rispondere a qualche domanda.
  • Trovi il coraggio di parlare (e poi riascoltarti – che onestamente all’inizio è strano per tutti).
  • Scopri che organizzare un discorso, inventare storie o semplicemente raccontare la tua giornata in inglese richiede molto di più che memorizzare regole grammaticali.

Tutto questo è spiazzante, soprattutto se sei abituato più alla teoria che alla pratica. Ma è anche la via più diretta per iniziare a essere “fluente” davvero, non solo a casa davanti ai libri.


Come funziona, davvero?

Un corso di inglese che include il podcasting non ti butta davanti a un microfono senza preparazione. Di solito si parte con delle lezioni classiche per consolidare vocabolario e pronuncia, e poi si divide il lavoro in piccoli progetti audio, spesso di gruppo.

Cosa succede nella pratica?

  • Prima si sceglie un argomento: magari racconti la tua esperienza di arrivo, intervisti un compagno di corso, commenti una news locale.
  • Si scrive una scaletta, ma niente sceneggiature troppo rigide: meglio suonare naturali anche se sbagli qualche articolo.
  • Si registra con un’app o dal computer della scuola – non serve essere uno youtuber con mille microfoni, per capirci.
  • Il gruppo e il docente riascoltano e danno feedback: magari scopri che usavi la stessa parola venti volte (succede a tutti), o che hai fatto progressi enormi nella pronuncia.
  • Spesso si modifica e si migliora insieme, ed è lì che noti i dettagli che nei compiti tradizionali passavano inosservati.

Onestamente, la parte tecnica spaventa molti all’inizio, ma nella maggior parte dei casi bastano uno smartphone e qualche app che la scuola ti consiglia.


Cosa c’è di bello (e cosa può complicarsi)

Cose belle? Tantissime. Lavorare su progetti reali ti fa dimenticare per un attimo di essere “a scuola”. Puoi finalmente mettere in pratica l’inglese che hai sempre studiato sui libri. E in più impari a comunicare, non solo a parlare: come coinvolgere chi ascolta, come sembrare sicuro anche quando ti tremano le mani, come trovare le parole giuste se una frase non ti viene.

Ma non è tutto facile. Alcuni momenti possono mettere in crisi:

  • Se sei molto timido o pensi di “non avere niente da dire”, le prime registrazioni sembrano una tortura. Tranquillo, passa davvero dopo le prime puntate.
  • Preparare un podcast richiede tempo: non è semplicemente “chiacchierare”. Bisogna organizzarsi, pianificare, trovare idee… non sempre c’è l’energia.
  • Se il gruppo non è motivato (o il docente è poco coinvolto), si rischia di finire a fare le cose “a caso”, senza imparare molto.

Un consiglio da chi ci è passato: non lasciarti scoraggiare se le prime volte ti ascolti e pensi “parlo malissimo”. Fa parte del gioco, davvero.


È adatto a tutti?

La verità è che questa modalità non è perfetta per ogni studente. Non la consiglio a chi parte da zero assoluto: rischi di sentirti sempre un passo indietro e mollare. Se invece già riesci a capire e farti capire in inglese, anche se non sei “fluente”, può essere una svolta.

Conta molto anche il tipo di atmosfera che trovi in classe: senza un contesto accogliente e insegnanti che ti ascoltano per davvero, l’esperienza perde senso. E poi serve un po’ di pazienza con la tecnologia. Nessuno ti chiede di diventare esperto di montaggio audio, però serve una minima voglia di smanettare con app e programmi semplici.


Due storie vere

Prendi Martina, che ci ha raccontato dei suoi primi podcast fatti a Manchester: “Mi ero buttata perché volevo perdere la paura di parlare e… l’ho persa a forza di sbagliare. Facevo errori di pronuncia, dicevo ‘ehm’ ogni due secondi, ma il momento in cui tutta la classe commentava le tracce e rideva insieme a me mi ha dato il coraggio che non pensavo di avere.”

Al contrario, Luca ha subito sentito la fatica della preparazione: “Non pensavo servisse così tanto lavoro dietro. Senza una guida precisa rischi di perderti tra appunti, scalette e microfoni che non funzionano. Però, dopo tre episodi, il mio inglese era molto più sciolto”.


Alternative pratiche se il podcast non fa per te

Non tutti i corsi offrono il podcasting; e magari nemmeno tu hai voglia di usarlo come primo strumento. Va benissimo così – ci sono altri modi per “vivere” davvero l’inglese:

  • Lezioni con tante conversazioni guidate, magari uno-a-uno con un madrelingua.
  • Role-play, cioè simulazioni di situazioni comuni in cui ogni studente interpreta una parte.
  • Laboratori di scrittura creativa o storytelling senza la pressione dello “speaking”.
  • Attività extrascolastiche, come club di conversazione dove parlare senza paura di errori.

L’importante è trovare qualcosa che ti metta un po’ fuori dalla comfort zone, ma senza sensi di colpa se una cosa non fa per te.


In sintesi

Il podcasting nei corsi di inglese può essere una delle modalità più concrete per “sporcarsi le mani” con la lingua. Non è una scorciatoia – richiede impegno, errori, un po’ di autoironia e un ambiente adatto. Non farà sparire tutte le paure in un colpo solo, ma aiuta a sviluppare la fiducia che a lezione spesso manca.

Il punto è scegliere la modalità che ti fa sentire coinvolto e motivato. Se ti incuriosisce il podcasting, assicurati che il corso lo proponga in modo serio, con docenti che ti seguono davvero e un gruppo con cui poter condividere le difficoltà senza vergogna. Sennò, nessun dramma: altre strade esistono.


Domande ricorrenti fra chi ci scrive

Funziona anche se il mio inglese è davvero base? Meglio partire da un livello almeno base-intermedio. Se parti da zero, rischi di mischiare frustrazione e noia. Ma se hai dubbi, parliamone: a volte basta solo un po’ più di tempo.
Serve attrezzatura particolare? No. Spesso basta lo smartphone e qualche app gratuita. Le scuole serie ti aiutano se hai problemi tecnici.
Se faccio podcasting, passo l’esame IELTS? Sarebbe troppo bello… Diciamo che aiuta molto a sbloccarsi nello speaking, ma se hai bisogno di un punteggio specifico per un test ci sono esercizi più mirati.
Come scelgo un corso che usa bene il podcasting? Il consiglio è sempre lo stesso: domande chiare. Chiedi se c’è un progetto strutturato, feedback reale, insegnanti con esperienza vera (non solo sulla carta) nella comunicazione orale.

E se hai domande specifiche, o vuoi capire che tipo di corso potrebbe funzionare per te (con podcast o senza), scrivici. Da queste parti c’è chi ci è già passato e sa cosa vuol dire sentirsi spaesati, pieni di dubbi e desiderosi solo di qualcuno che ascolti senza giudicare. Nessuna domanda è banale, te lo assicuro.

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