Corsi di inglese con improvvisazione teatrale: come davvero ti aiutano (senza promesse magiche)
Se qualcuno mi avesse detto anni fa che imparare l’inglese sarebbe diventato più facile attraverso il teatro, probabilmente avrei sorriso di cortesia. Poi ho provato sul serio un corso di questo tipo a Manchester, e – spoiler – non è stata la solita lezione di grammatica. Soprattutto, non è stata una passeggiata. Ma qualcosa di concreto è successo: parlare inglese mi è diventato meno alieno, meno “blocco”.
Mettere via il libro per un attimo: perché il teatro aiuta?
Dietro le attività di improvvisazione teatrale c’è qualcosa che aiuta davvero chi, come tanti italiani, è terrorizzato all’idea di essere guardato mentre prova a dire qualcosa in inglese.
- Si lavora sulla spontaneità: nessuna frase scritta o preparata; ti viene chiesto di “agire” subito, e pure con il tuo inglese un po’ incerto. Ma impari a cavartela, ad arrangiarti con le parole che hai.
- Pronuncia & intonazione si sbloccano: nelle scene improvvisate usi la voce davvero, non solo la teoria. Arrivi perfino a ridere dei tuoi errori di pronuncia, invece di vergognartene.
- Creatività al massimo: ti inventi storie, dialoghi improbabili, persino battute. Non “reciti” Shakespeare, ma metti l’inglese nella vita vera, non nei soliti esercizi scritti.
- Paura di sbagliare — gestita sul campo: qui l’errore è la normalità. Tutti si impappinano, anche chi insegna. Col tempo diventa quasi liberatorio.
- Relazioni vere, non finte conversazioni: si lavora in gruppo, e senza accorgertene, fare una figuraccia smette di essere un incubo.
Come funziona davvero una lezione così?
La struttura delle lezioni è meno rigida di una classica aula universitaria. Si alternano momenti di spiegazione a giochi teatrali, scene improvvisate (su temi anche apparentemente stupidi), chiacchiere a ruota libera. Alcuni esempi che ho trovato utili:
- “Role play” di vita vera: ti ritrovi a improvvisare una telefonata lamentosa con un finto call center, oppure a recitare un colloquio di lavoro.
- Giochi veloci tipo “inventa una storia partendo da…”, dove la grammatica interessa poco, l’importante è non bloccarsi.
- Feedback pratico: niente giudizi pesanti, ma consigli veri (tipo “rallenta” oppure “usa meno ‘actually’!”).
- Movimento: non tutto si fa seduti. Piccolo avviso per i più timidi – si può anche finire al centro della stanza! Ma ti abitui, davvero.
A chi (non) serve questo metodo?
Piccolo disclaimer: non è per chi pensa di cavarsela restando sempre in disparte. Serve un po’ di coraggio e grinta. E, giusto specificarlo, non è pensato per chi è all’ABC totale: almeno qualche base serve, altrimenti si rischia solo di rimanerci male.
Se il tuo scopo è sbloccare la comunicazione e non solo prendere un voto in un esame scritto, questi corsi aiutano. Se invece hai bisogno solo di superare il PET o il FCE e punti tutta sulla parte scritta, è meglio andare sul classico.
Domanda che sentiamo spesso: “Ma davvero aiuta a parlare con sicurezza?”
Nessuna bugia: non torni fluentissimo dopo due settimane. Però molti italiani raccontano la stessa esperienza: “Prima, paura totale a parlare. Dopo qualche lezione di improvvisazione, inizio a buttarmi. Parole sempre perfette? No. Però almeno inizio a farmi capire e smetto di fissarmi sull’errore.”
Meglio così o meglio metodologia vecchia?
Ecco un confronto semplice tra i due approcci:
- I corsi classici ti danno struttura, esercizi, schemi grammaticali.
- Quelli con l’improvvisazione mettono la comunicazione al centro, ti costringono a uscire dal comfort zone e ti insegnano a gestire l’ansia, che è uno dei veri ostacoli per noi italiani.
Non c’è un “meglio” assoluto. Tutto dipende da te, dal tuo livello, da quanto vuoi metterti in gioco.
Cosa controllare prima di buttarsi?
- Il tuo livello: almeno basi-intermedio, altrimenti è davvero tosta.
- Cosa vuoi ottenere: scioglierti nel parlato? Allora sì. Fare bene solo esami scritti? Forse no.
- Durata: serve continuità, qualche giorno non basta.
- Dove e come: dai un’occhiata alle recensioni, ai programmi e – fondamentale – fatti spiegare dallo staff se è il posto giusto per te. Fidati se qualcuno ti dice che magari non lo è.
Io, Studey, e chi ci è passato davvero
Noi di Studey conosciamo questi dubbi da dentro, non solo da brochure. Abbiamo provato, sbagliato, riso e ci siamo imbarazzati mille volte prima di sentire l’inglese un po’ più nostro. Sappiamo che non c’è un metodo magico e detestiamo chi promette “svolte facili”.
Se vuoi chiarirti le idee, siamo qui per aiutare a trovare il percorso più adatto, senza promesse vuote: a volte è il teatro, a volte un corso super tradizionale. A volte, nessuno dei due. Se hai bisogno di un confronto onesto o vuoi sentire storie reali di chi ha provato l’improvvisazione, scrivici o facciamo due chiacchiere. Senza filtri. Davvero.
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