Organizzare un viaggio studio all’estero per uno studente con disabilità è una di quelle sfide che non si affrontano a cuor leggero. Un conto è sognare la propria esperienza fuori, un conto è fare i conti con tutte le realtà — belle e faticose — che questa scelta porta con sé. Se sei uno studente, o un genitore che legge per suo figlio o figlia, la cosa più importante da sapere è che è possibile, ma non “semplice e perfetto”. Qui trovi un po’ tutto quello che avremmo voluto leggere prima di partire noi stessi, senza trucchetti o scorciatoie.
Capire davvero di cosa hai bisogno
Sembra scontato, ma tante cose cambiano se si mettono nero su bianco le esigenze personali: servono ausili particolari? Devi portare con te farmaci, dispositivi, hai bisogno di assistenza personale, o magari preferisci poter comunicare in modo alternativo (ad esempio, se non puoi usare solo l’inglese parlato)? Fatto questo primo elenco, potrai iniziare a orientarti fra le mille possibilità e tagliare subito quelle che rischiano di complicare il tutto.
Scegliere università e Paese: non tutti sono uguali
Ci sono università che fanno davvero il possibile per essere inclusive, altre che si limitano alle “intenzioni”. E no, non esistono liste perfette di atenei accessibili. Di solito le informazioni online sono un inizio, ma la realtà si scopre scrivendo direttamente agli uffici dedicati (inclusione/disabilità/international students). Le risposte sono spesso oneste: chiedi dettagli concreti — come sono davvero le aule, i bagni, i laboratori, chi puoi contattare se hai problemi sul posto — e vedi come reagiscono. Se fanno fatica a rispondere alle domande pratiche, non prenderlo come un segnale positivo.
Cerca anche quello che dicono — sinceramente — altri studenti con disabilità che hanno già studiato lì. Noi, ad esempio, mettiamo sempre in contatto studenti italiani con chi ci è già passato.
Documenti, burocrazia e tempistiche
Qui è normale sentirsi un po’ spaesati. Ogni università ha le sue regole, ma di solito serve una documentazione medica recente e dettagliata (meglio, in inglese), e magari moduli ad hoc per ogni accomodamento richiesto (esami più lunghi, materiali in Braille, ecc). Non spedire le richieste all’ultimo: alcuni servizi vanno chiesti con largo anticipo e spesso servono traduzioni ufficiali. Noi possiamo dare una mano a rivedere tutta la parte documentale — anche solo per avere un secondo parere.
Viaggio, casa, spostamenti: le cose “pratiche”
Pensare ai dettagli del viaggio è fondamentale, per tutti, ma chi ha una disabilità non può permettersi di improvvisare. Informati sui mezzi accessibili fino alla destinazione finale e assicurati che l’università o il college abbia davvero spazi senza barriere (e se sono vecchie strutture, insisti per le foto o i tour virtuali). Per l’alloggio, niente paura a dire chiaramente di cosa hai bisogno — meglio una domanda in più che trovarti in una stanza impossibile da raggiungere in sedia a rotelle o senza ascensore. La zona? Più sei vicino al campus o ai trasporti, meglio è: non fidarti solo delle mappe, prova a chiedere a chi vive già lì.
Se ti fa sentire più tranquillo, chiedi se puoi avere un tutor locale, magari solo per il primo periodo, che ti faccia da ponte nelle situazioni nuove.
Tutta la parte sanitaria — no, non è una formalità
Questo punto viene spesso sottovalutato. Non basta avere l’assicurazione sanitaria: chiedi come funziona l’accesso alle cure per chi ha disabilità, sia per le emergenze che per la gestione ordinaria. Informati se servono assicurazioni extra, se ci sono farmaci o dispositivi che possono essere portati senza problemi, e come si ottiene assistenza in caso di bisogno. Aver già un piano per le emergenze non è esagerato, è semplicemente prudente.
La parte meno prevedibile: quella psicologica e sociale
Molto spesso la vera fatica, più che nella gestione “pratica”, è emotiva: adattarsi, sentirsi inclusi, non lasciarsi scoraggiare ai primi ostacoli o agli inevitabili momenti di solitudine. Qui non ci sono ricette magiche: avere qualcuno con cui confrontarsi (anche online, o con altre persone nella stessa città), entrare in gruppo con altri studenti internazionali o fare mentoring con chi c’è già passato aiuta tantissimo. Noi crediamo moltissimo nella condivisione diretta tra ex studenti, perché spesso un consiglio “da dentro” vale più di mille brochure.
Le cose che possono andare storte (e che è meglio sapere)
Partire troppo pieni di ottimismo (sai, quello “tutto andrà bene!”) rischia di far male più tardi. Non tutte le università si attivano in modo davvero concreto: servizi promessi possono essere meno accessibili di quanto sembri, possono emergere difficoltà nei trasporti locali, oppure si scopre che certi esami funzionano solo in presenza (e non è sempre semplice avere tutte le modifiche necessarie).
La verità è che a volte va tutto molto bene, altre serve essere disposti a rinegoziare il proprio percorso o a scegliere soluzioni alternative senza sentirsi “meno bravo” per questo.
Se all’inizio sembra impossibile: ci sono strade diverse
Non tutti si sentono pronti a lanciarsi subito in un trasferimento totale. In tanti casi, si può pensare a testare prima delle esperienze online con università straniere, oppure a programmi ibridi, o ancora a vivere uno o due semestri in Italia, magari in una realtà più inclusiva, con la possibilità di partenze progressive o periodi all’estero più brevi. Non esiste la strada giusta per tutti, esiste quella che ha più senso per te (e va benissimo così).
FAQ “sincere” — domande che riceviamo spesso
- Che documenti devo preparare davvero?
- Di base: tutti i certificati medici (meglio se li rifai e li hai in inglese), documentazione ufficiale che descrive la tua disabilità, e qualunque valutazione funzionale che possa “spiegare” agli inglesi (o chi per loro) i tuoi bisogni pratici. Occhio anche ai moduli specifici dell’università: non tutte le richieste sono uguali.
- Come faccio a sapere se un’università è adatta?
- Parla con loro, senza fretta: chiedi di parlare direttamente con chi si occupa di inclusione/disabilità, non solo con chi fa orientamento generale. Meglio ancora se puoi parlare con studenti che abbiano esigenze simili alle tue. Se ti rispondono vagamente o solo con slogan, probabilmente c’è poco di concreto.
- Per cosa rischio di avere problemi?
- I classici? Barriere fisiche all’interno di edifici storici, supporti che ci sono “sulla carta” ma non nella pratica, poca chiarezza sui tempi di risposta agli imprevisti, stanchezza nel dover spiegare ogni volta cosa ti serve. Il trucco è farsi il più possibile “amici” qualche referente locale e prepararsi a insistere senza vergogna.
- Posso farmi aiutare da Studey?
- Sì, ma non abbiamo la bacchetta magica: ti aiutiamo con la revisione dei documenti, ti mettiamo in contatto con ex studenti che ci sono passati, ti diamo dritte pratiche e supporto passo-passo. Se troviamo barriere che non riusciamo a superare, te lo diciamo senza girarci intorno.
Organizzare un viaggio studio se hai una disabilità è un percorso a ostacoli, con momenti di entusiasmo e altri in cui ti chiedi chi te l’abbia fatto fare. Non è tutto perfetto, ma preparandosi con cura ed essendo onesti con se stessi e con chi ti può aiutare, puoi costruire un’esperienza davvero tua. Se vuoi parlarne — anche solo per chiarire un dubbio — ci trovi. Senza pressioni, senza promesse. Solo con la voglia di trovare la soluzione migliore, insieme.
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