Organizzare un viaggio studio con stage aziendale: tutto quello che avrei voluto sapere prima di partire
Partire per un viaggio studio all’estero, specie se include uno stage in azienda, è una di quelle esperienze che cambiano la vita. Ma — spoiler — quasi nessuno lo trova facile o lineare. Ci sono un sacco di incognite, dubbi pratici e qualche ansia (normale!). Da studenti che ci sono già passati, ecco una guida concreta per chi sta pensando di fare il salto, e per le famiglie che vogliono capire davvero cosa implica.
Ma cosa vuol dire viaggio studio con stage?
In pratica: significa combinare un periodo di studio (un corso di lingua o materie accademiche) con un tirocinio in un’azienda locale, spesso all’estero. È un modo per non imparare solo dai libri, ma anche sporcarsi un po’ le mani, vedere come funzionano le cose fuori dall’Italia e mettere nel CV qualcosa che possa davvero contare domani. Ma no: non sostituisce una laurea, non ti fa trovare un lavoro domani mattina — serve a mettersi alla prova, migliorare (sul serio) le lingue, e capire se certe carriere fanno per te.
Partire bene: passi pratici da non saltare
1. Capire perché lo vuoi fare
Prima domanda da farsi, anche se banale: perché voglio partire? Vuoi migliorare l’inglese in modo “vero”, lavorare su una skill specifica, capire se il marketing ti piace davvero, oppure solo provare a vivere da sola/o? È importante saperlo prima per non buttarsi a caso: ogni paese, ogni azienda e ogni programma hanno regole e possibilità diverse.
2. Scegliere la meta e il programma
Spesso si pensa “basta scegliere un paese dove si parla inglese e via”, ma la realtà è più complicata. Regno Unito, Irlanda, Olanda, Canada, Australia… ognuno ha pro e contro concreti: quanto dura lo stage? Serve un visto? Quanto costa la vita lì? Meglio chiedere queste cose a chi c’è già passato, piuttosto che scegliere solo in base alle foto su Instagram.
3. Occhio ai requisiti (e alla burocrazia)
Non basta “sapere un po’ l’inglese”. Di solito serve una certificazione e, soprattutto fuori UE, c’è da mettere in conto visti, documenti, assicurazione e (se sei fortunato) qualche borsa di studio. Le tempistiche sono una delle parti più stressanti: meglio iniziare almeno 3-6 mesi prima.
- CV e lettera di motivazione fatti bene, davvero personalizzati (non basta un modello a caso da internet…)
- Visto/student visa secondo il paese scelto
- A volte l’azienda vuole fare un colloquio, quindi servono preparazione e un minimo di “palestra” in inglese
4. Lo stage non si trova sempre da solo
Una delle cose che confonde di più è questa: non sempre il tirocinio è garantito dal programma. Spesso sarai tu a dover mandare domande, prepararti ai colloqui (spesso in inglese, of course), e capire bene se l’azienda è seria. Ci sono anche agenzie che promuovono “placement sicuri” — attenzione, perché nessuno può dare certezze al 100%. Noi di Studey ci mettiamo sempre la faccia e se un programma non convince… lo diciamo subito.
5. Calcolare i costi (tutti)
Non sono solo voli e corso di lingua. Considera:
- Vitto e alloggio (sì, anche le cauzioni e le bollette nascoste!)
- Assicurazione sanitaria (fondamentale fuori Italia)
- Eventuali tasse per lo stage o pratiche amministrative
- Trasporti locali (e no, non sempre l’azienda ti paga l’abbonamento)
Fare un piccolo budget aiuta a evitare brutte sorprese. E chiedere lumi a chi c’è già stato spesso fa risparmiare grane e soldi.
6. Preparazione (prima, durante, dopo)
Tante ansie arrivano quando arrivi sul posto e pensi “oh cavolo, e adesso?”. Avere già pronti alcuni documenti, copiare indirizzi utili, sapere chi contattare in caso di emergenza: sono piccoli dettagli che fanno la differenza la prima settimana (quando magari ti manca l’Italia e pensi di non cavartela mai). E avere qualcuno — online o in città — a cui scrivere in caso di problemi è oro.
Cose che non ti dicono (ma dovresti sapere)
- I tempi: spesso sono più lunghi di quanto immagini. Soprattutto per il placement, puoi metterci settimane. Non avere fretta, o rischi di scegliere male.
- Lo stage non sempre è super operativo. Spesso all’inizio possono darti mansioni “semplici”, un po’ rodate dalla routine: non scoraggiarti, dimostra apertura e chiedi di più solo quando ti senti pronto!
- La solitudine si sente. Anche se vai con altri italiani, un momento di nostalgia ti prenderà. È normale, e spesso passa.
- I soldi sono un tema. Tanti ti promettono “viaggi studio full optional, tutto incluso e zero pensieri”, ma qualche extra c’è sempre: meglio saperlo prima.
- Non tutti sono pronti allo stesso modo. Se scopri che non fa per te o vuoi cambiare strada, va bene così! Non è una gara.
Un caso vero — Martina e lo stage in Irlanda
Martina, 22 anni, ha mollato una laurea in Italia perché sentiva di volersi mettere in gioco all’estero. Partita per Dublino, si è trovata a gestire la burocrazia (non semplice), la ricerca dello stage (che sembrava una caccia al tesoro) e le prime settimane in una casa condivisa con sconosciuti. Il suo inglese zoppicava e le prime telefonate con l’azienda le sembravano marziane. Ma ce l’ha fatta: ha trovato una piccola agenzia di marketing, e grazie al supporto di una mentore locale ha sbloccato quel mix di fiducia e spontaneità che prima le mancava. Il vero salto? Capire che ciò che imparava in azienda le serviva anche nella vita quotidiana, non solo nel CV.
Domande che spesso ci arrivano
“Devo per forza avere un livello altissimo di inglese?”
No, ma serve una base solida. Altrimenti lo stage ti serve poco, perché rischi di capirci poco e di non sfruttare bene l’esperienza.
“Serve davvero la motivazione? O è una formalità?”
Più è personale, meglio è: fare copia-incolla si vede, le aziende (e le scuole) preferiscono chi ci mette la testa.
“Posso scegliere io dove fare lo stage?”
A volte sì, a volte no. Dipende dal programma: chiedilo sempre prima, evitando sorprese.
“E se va male?”
Non sempre le cose filano lisce. Può succedere di voler cambiare azienda, o addirittura di tornare prima. Se capita, non hai fallito: spesso è segno che stai ascoltando te stesso.
“Ci sono alternative agli stage?”
Certo. Puoi lavorare part-time (dove possibile), oppure cercare esperienze di volontariato o placement più brevi. Non è tutto bianco o nero.
Insomma, un viaggio studio con stage è impegnativo, a volte poco lineare, ma può insegnare cose che a casa non impari. L’importante è non farsi illusioni: non esiste il percorso perfetto, ma ci sono scelte adatte a te — e soprattutto, studenti e advisor pronti a darti una mano, anche nei momenti in cui pensi di aver sbagliato tutto.
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