Viaggio studio per studenti di scienze agrarie: tutto quello che avrei voluto sapere prima di partire
Se stai pensando di studiare scienze agrarie all’estero, probabilmente hai già sentito un po’ di tutto: chi te lo consiglia caldamente per “fuggire dall’Italia”, chi ti dice che “fuori si fa carriera meglio”, chi ti mette in guardia dai costi esagerati o dalla nostalgia di casa. La verità? Studiare all’estero può davvero fare la differenza, ma non è un percorso lineare, né tantomeno adatto a tutti — e va bene così.
Qui provo a raccontarti la realtà, senza filtri: pro, contro, qualche dritta che avrei voluto ricevere io e soprattutto, senza nascondermi dietro promesse assurde o facili entusiasmi.
Perché buttarsi (almeno una volta) in un’esperienza internazionale?
Te lo dico senza giri di parole: vedere come funziona l’agricoltura in altri paesi ti apre la testa. In molti atenei all’estero (sì, anche in paesini sperduti e non solo nei campus fighetti da film), ti capita di vedere in pratica tecnologie e metodi che in Italia si sentono solo durante i convegni. Le aule spesso sono molto più “miste”: ti confronti con ragazzi/e che arrivano da mille parti diverse, ognuno con un’idea propria su cosa significhi sostenibilità, innovazione, biodiversità.
Che cosa ti rimane? A prescindere dai voti, sviluppi una mentalità più aperta, impari ad ascoltare, a farti domande nuove e spesso migliori tantissimo il tuo inglese (anche se agli inizi può sembrare impossibile capirci qualcosa). E, fidati, queste cose le notano anche i datori di lavoro, più dei titoloni su LinkedIn.
Non è tutto oro, però. E nemmeno deve esserlo.
Dove puoi andare? Ecco qualche idea (onesta)
Ogni paese ha i suoi pro (e qualche contro). E non esistono destinazioni magiche che vanno bene per tutti:
- Stati Uniti: università super attrezzate, tanto spirito pratico, ma costi spesso pesanti e vita decisamente intensa. Adatte soprattutto se vuoi buttarti nei mega progetti di ricerca, migliorare il tuo inglese e sei pronto a cambiare abitudini (gli orari dei pasti sono un trauma per tutti).
- Canada: attenzione forte alle tematiche di sostenibilità e cambiamento climatico, ambiente un po’ più “accogliente” rispetto agli US (anche se il freddo non scherza). La burocrazia richiede pazienza.
- Australia: clima fantastico, ottimi laboratori, cultura davvero internazionale… ma stai pronto a dei voli infiniti e a una spesa non da poco.
Extra: ci sono anche università ottime in Olanda, Germania, Irlanda — e spesso con meno panico per le questioni economiche o lingue diverse dall’inglese. Non sottovalutarle.
Come si sceglie dove andare?
Questa parte è cruciale:
- Budget: abbi sempre una stima realistica. Tasse universitarie, vitto, affitto… cerca storie vere (non fidarti solo dei siti ufficiali! Noi possiamo aiutarti a trovare numeri concreti di chi c’è già passato).
- Requisiti: in molti casi ti viene chiesto di certificare l’inglese (IELTS e simili), ma occhio: alcune università sono più flessibili, altre no.
- Ambiente e stile di vita: prova a chiederti se ti troveresti bene in una città enorme o preferisci paesini (spesso nel settore agrario si vive fuori dalle metropoli, e può voler dire meno “movida”).
Procedure e ostacoli veri (prima, durante, dopo)
Preparati alla burocrazia: domande di ammissione, traduzioni dei certificati, lettere motivazionali e, spesso, richieste strane come interviste video o reference da vecchi prof. Niente paura se non sembra tutto chiarissimo all’inizio: la maggior parte degli studenti che seguiamo si perde almeno una volta! L’importante è saper chiedere — noi proviamo a rispondere anche ai dubbi apparentemente “sciocchi” (per esempio: “ma come si paga la tassa?” o “questo documento va tradotto?”).
Quando sei già nel paese, gli inciampi veri sono spesso altri: una volta superato lo shock linguistico iniziale, puoi sentirti spaesato per la solitudine, oppure impiegare mesi a trovarti davvero bene in aula. Passano quasi tutti da questo momento, e non c’è da vergognarsi.
Dopo la laurea, le opportunità ci sono (anche in Italia!), ma richiedono un po’ di fatica: ciò che impari fuori potrebbe non essere “riconosciuto” da tutti nel mondo del lavoro italiano, o magari scopri che vuoi restare all’estero. Non è sempre semplice come sembra nei racconti Instagram.
Qualche storia vera
Conosciamo ragazzi che, tornati dall’America, hanno aiutato aziende agricole italiane a digitalizzarsi, portando modelli sostenibili imparati a Berkeley. E altri che, invece, hanno capito nei Paesi Bassi che preferivano star vicino alla propria famiglia, pur con competenze nuove in tasca. Non tutte le storie sono da “sogno americano”. Alcuni hanno anche cambiato completamente strada — e va bene, è normale.
Vale la pena? E se ho paura?
Domanda legittima: ha senso tutto lo sbattimento? La risposta è, davvero, dipende dai tuoi obiettivi e da quanto sei disposto/a ad affrontare incertezze e qualche serata in cui ti manca casa. Non esistono soluzioni preconfezionate né formule magiche per scegliere la “destinazione perfetta”.
Se vuoi parlarne con qualcuno che questo salto l’ha fatto (magari sbagliando inizialmente strada, cambiando idea o vivendo fasi di sconforto), puoi scriverci: almeno ti racconteremo la verità, senza farti perdere tempo con slogan che non servono.
Studiare scienze agrarie all’estero può aprire porte, certo. Ma più di tutto ti mette in gioco, ti obbliga a imparare ad arrangiarti e a scoprire cosa vuoi davvero. E, forse, è questa la parte che conta di più.
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