Viaggio studio e amore per gli animali: vuoi davvero metterli insieme?
Se per te gli animali non sono solo una passione ma quasi una seconda famiglia, l’idea di integrare questa dimensione nei tuoi studi ti sarà sicuramente passata per la testa. Forse però hai pensato: sì, ma come funziona davvero la “pet therapy”? E all’estero come si studia questa cosa? Va detto subito: non è una delle strade più battute, ma — con un po’ di determinazione e curiosità — le possibilità ci sono, eccome.
Pet therapy: di cosa parliamo davvero?
La pet therapy, o terapia assistita da animali, non è solo “accarezzare cani” per sentirsi meglio. È una disciplina che unisce psicologia, salute, educazione, e… un sacco di pazienza. Gli animali — cani, cavalli, a volte anche conigli — vengono coinvolti in progetti veri, pensati per aiutare chi ha difficoltà emotive, disabilità, o semplicemente bisogno di un po’ di supporto.
Dove si studia la pet therapy? Paese per paese (niente promesse magiche)
Regno Unito | Qualcosa si muove soprattutto all’interno di percorsi come psicologia o scienze dell’educazione/sanitarie. Alcuni corsi inseriscono moduli su Animal Assisted Therapy o collaborano con enti del terzo settore. Stage e tirocini qui sono preziosissimi, ma preparati a “giocare d’anticipo” per trovare le esperienze pratiche che contano davvero. |
Stati Uniti | Qui le occasioni aumentano: alcuni college (non tutti, attenzione!) propongono veri programmi in Animal-Assisted Therapy o Counseling, a volte addirittura con focus specifici. Anche qui, però, non aspettarti un corso chiamato “solo pet therapy” dalla A alla Z: spesso è una specializzazione dentro lauree più ampie. |
Australia | Più che metodi “standard”, molte università hanno partnership con associazioni che lavorano con animali per la salute mentale e la riabilitazione. Ci sono corsi su scienze animali, veterinaria, psicologia, e alcuni inseriscono la pet therapy nei tirocini. |
Occhio: ogni università è a sé, quindi val la pena chiedere sempre chiarimenti e non fermarsi alle descrizioni super entusiaste dei siti! (Se serve una mano per leggere tra le righe… è proprio qui che possiamo aiutare.)
Ma come si sceglie il programma giusto?
Dire “pet therapy” è un po’ come dire “voglio lavorare con la tecnologia”: bisogna restringere il campo.
Qualche domanda vera da farti:
- Preferisci vedere la parte psicologica, o quella più legata agli animali in sé?
- Sei disposto a studiare scienze sociali, psicologia, veterinarie o educazione (eh sì, spesso la pet therapy passa da lì)?
- Quanto è importante per te fare tanta pratica (tirocini, volontariato, laboratori) rispetto allo studio teorico?
E soprattutto: verifica sempre quali sono i requisiti di ammissione (non sono standard: a volte serve una base in psicologia, altre volte no), quanto costa davvero il programma (le cifre cambiano parecchio anche nello stesso Paese), che tipo di supporto offre l’università per trovare stage o progetti reali.
Una verità scomoda: non sempre si trova tutto già pronto
Spesso, la pet therapy è una materia “di frontiera” all’interno di altre lauree. Significa che dovrai costruirti un po’ da solo il tuo percorso, scegliendo tirocini, lavori, e anche volontariato che ti permettano di mettere le mani in pasta. Non scoraggiarti se all’inizio sembra complicato: la strada esiste, ma spesso è “spezzettata” e chiede flessibilità.
E dopo, cosa ci fai?
Molti pensano che lavorare in pet therapy significhi solo “fare il terapista con il cane”. In realtà puoi metterci la creatività: ci sono centri di riabilitazione, scuole, fondazioni, ospedali, case di accoglienza, strutture per disabili. C’è chi abbina questa formazione a psicologia, chi si dedica all’educazione speciale, chi al mondo veterinario. A volte, specialmente all’estero, puoi lavorare in team multidisciplinari—psicologi, educatori e handler di animali insieme.
Un paio di consigli veri, senza filtri:
- Ti servirà una buona conoscenza della lingua (e non basta l’inglese “da pagella”): quasi sempre bisogna certificare il proprio livello con esami tipo IELTS o TOEFL.
- Non tutti i Paesi accettano subito titoli e crediti italiani: serve informarsi per bene, magari scrivendo direttamente alle università (non farti problemi, le domande “pratiche” sono ben viste).
- La parte “emotiva” non va sottovalutata: lavorare così ti coinvolge tanto, quindi chiedi sempre un po’ di orientamento anche su come gestire lo stress o la solitudine quando studi lontano.
Qualche risposta rilassata alle domande che tornano sempre
Come trovo i soldi per partire?
Non ci sono formule magiche: borse di studio, bandi internazionali, e lavoro part-time per gli studenti (nei limiti dei visti) sono spesso le strade più praticabili. Preparati a fare un po’ di ricerca — noi possiamo darti una mano a capire dove guardare.
La pet therapy ha davvero un impatto?
Sì, i dati esistono: può ridurre ansia, aiutare nella riabilitazione, facilitare l’inclusione sociale. Ma va presa molto sul serio, non è solo “passare il tempo con gli animali”.
Devo per forza lavorare in una clinica?
No, davvero. Tanti ex studenti si inventano percorsi diversi: dal volontariato al lavoro nelle scuole, allo sviluppo di progetti sociali. Alcuni abbinano questa passione a chi lavora già in psicologia o educazione.
Se vuoi scoprire qualche esempio specifico o hai domande sui percorsi “misti” che collegano studio e pet therapy, contattaci pure. Siamo qui per confrontarci senza giudicare, e se qualcosa non la sappiamo, te lo diciamo in faccia. Nessuno ha tutte le risposte — ma qualche trucco per non sentirsi soli in questo viaggio lo conosciamo.
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