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Come organizzare un viaggio studio per studenti DSA

Organizzare un viaggio studio per studenti con DSA richiede attenzione a bisogni specifici, burocrazia e supporto. Ecco una guida pratica per affrontare l'esperienza.

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Organizzare un viaggio studio per studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA): guida pratica e senza filtri

Studiare all’estero è un’esperienza che arricchisce davvero, ma se hai un DSA – parliamoci chiaro – la strada non è sempre in discesa. Qui non troverai promesse da brochure: mettiamo sul tavolo quello che serve sapere davvero, tra burocrazia che sfianca, scelte non banali e soluzioni che spesso nessuno ti spiega.

Quello che segue nasce dai racconti degli studenti che ci sono passati (e non hanno avuto sempre vita facile) e dai suggerimenti di chi ha lavorato, errori compresi, per non lasciarsi bloccare.

Conoscere — davvero — i bisogni specifici

Questo è il passaggio zero. Tutti parlano di “inclusione” ma all’atto pratico, ogni persona con DSA ha esigenze diverse. Per alcuni è essenziale avere i tempi aggiuntivi agli esami, per altri serve proprio il supporto di software particolari o la possibilità di ascoltare le lezioni registrate. Prima di tutto, aiutati chiedendoti (o chiedendo a tuo figlio, se sei un genitore): cosa serve davvero, e quanto queste necessità sono documentate?

Importante: quasi ovunque fuori dall’Italia serve una diagnosi aggiornata e — nella maggior parte dei casi — servono i documenti tradotti in inglese (o nella lingua della destinazione). Non aspettare l’ultimo minuto: ottenere tutti i “pezzi di carta” giusti con le scadenze internazionali non è rilassante, ma è fondamentale.

Scegliere la destinazione contando anche sul supporto, non solo sull’Università “di moda”

Paesi come UK, Irlanda e Olanda spesso hanno servizi più strutturati per chi ha DSA. Ma non tutte le università nemmeno lì lavorano allo stesso modo (dimentica i siti che dicono “tutte inclusive!”). Verifica:

  • Se c’è un Disability Office vero, attivo e aggiornato.
  • Che tipo di aiuti (bandi, materiale didattico, software, tutor, accomodamenti) sono messi a disposizione, in modo pratico, e con quali tempistiche.
  • Quanto sono trasparenti e facilmente accessibili le informazioni. Dove c’è troppa burocrazia o risposte vaghe, c’è spesso meno attenzione.

Non c’è una scelta “giusta per tutti”: onestamente, a volte una facoltà meno “prestigiosa” ma con tutor attenti fa vivere molto meglio l’esperienza.

Documenti, richieste, tempistiche: il lato meno entusiasmante

Qui la realtà spesso fa innervosire: bisogna mandare diagnosi, traduzioni, lettere, spesso via portali che sembrano usciti dagli anni ’90 e che chiudono per ferie a ferragosto. Bisogna anticipare tutte le richieste di supporto, idealmente anche prima dell’arrivo. Più tardi mandi la richiesta, più diventa tutto una corsa a ostacoli (lo dicono tutti quelli che ci sono passati).

Un trucco imparato sul campo: scrivi anche due righe personali, oltre ai documenti “tecnici”, per spiegare cosa funziona per te e cosa no. Pare banale, ma su alcuni uffici universitari fa davvero la differenza.

Vale la pena cercare tutor/mentor che abbiano già vissuto la stessa esperienza

I corsi di lingua pensati per studenti DSA (o comunque insegnanti che sanno come adattare la didattica) sono un salvagente, specie all’inizio. Avere invece un mentor, magari qualcuno che ci è già passato e sa come orientarsi tra “moduli”, scadenze e difficoltà – anche pratiche, tipo trovare il modo per seguire le lezioni senza farsi prendere dal panico – è la mano che spesso manca. Più di una volta chi ha scelto di partire senza nessun tipo di supporto poi ha dovuto rincorrere le cose all’ultimo.

Costi nascosti e dettagli pratici da non sottovalutare

Oltre alle solite tasse universitarie, se hai un DSA potresti dover considerare spese extra: software dedicati (in alcuni paesi costano anche più che in Italia), tutoraggio privato, stampa di materiali in formati particolari. In più, certe soluzioni logistiche (alloggi vicini al campus, spazi più tranquilli) hanno un impatto nel budget.

Insomma, non fermarti a confrontare le “rette”. Prova a mettere nero su bianco tutte le spese accessorie: più si è consapevoli, meno si resta spiazzati.

Aspetti psicologici e rischi di isolamento: non tiriamoci indietro

La paura di sentirsi fuori posto, la solitudine o la fatica di spiegare sempre tutto agli altri c’è, ed è un aspetto che molti sottovalutano. Nella nostra esperienza, chi parte aspettandosi di risolvere tutto da solo/a spesso rischia di vivere male il primo periodo. Ogni tanto è meglio prendersi del tempo extra, oppure valutare formule “miste” (parte in Italia, parte all’estero), per andare col proprio ritmo. E va bene così: l’importante è non sentirsi mai sbagliati se si decide di cambiare strada.

Domande che riceviamo spesso

“Posso chiedere supporti anche se faccio solo uno stage estivo o un breve corso?”

In generale sì, ma quanto e come vengono concessi dipende dalla scuola e dalla durata. In stagioni super affollate, può essere tutto più fastidioso. Conviene sempre scrivere prima e chiedere cosa garantiscono.

“Che documenti servono di preciso?”

Serve la diagnosi aggiornata e, spesso, una traduzione certificata. Alcune università richiedono anche un piano personalizzato scritto in inglese, quindi non è solo questione di inviare la semplice diagnosi. Se hai dubbi, cerchiamo insieme come metterli in ordine (dato che anche noi ci siamo passati).

“Esistono borse di studio dedicate a chi ha DSA?”

Non quanto vorremmo, purtroppo. Ogni tanto ci sono bandi specifici, ma sono merce rara. Alcuni atenei esteri offrono contributi una tantum o piccoli rimborsi spese extra: ogni caso va verificato a parte.

Una voce da chi ha vissuto questa esperienza, senza filtri

Lisa, che ha la dislessia e ha fatto un semestre in Olanda, ci ha raccontato:
“All’inizio pensavo: tanto i DSA li gestisco da sempre, chi vuoi che mi aiuti più di me? Ma la burocrazia, le e-mail in inglese e tutte le mille richieste mi hanno tagliato le gambe. La vera svolta è stata cercare uno sportello studenti onesto e un tutor che invece di liquidarmi mi ha spiegato tutto con calma. Non fate come me: chiedete una mano prima!”

Matteo, che ha studiato con un DSA in UK, aggiunge:
“L’unico vero rimpianto? Non aver spedito tutta la documentazione per tempo. Ogni dettaglio mancato vuol dire settimane perse. La pazienza è fondamentale, ma il supporto giusto c’è – se lo cerchi e insisti.”

Chiudendo

Non esistono formule magiche. Muoversi per studiare all’estero con un DSA mette davanti a scelte e ostacoli veri, ma preparandosi e lasciandosi qualche margine per i contrattempi, le cose funzionano (davvero). Se sei nella fase di “non so da dove partire”, oppure hai mille domande concrete che nei forum non risolvono, Studey può darti una mano – senza promesse strane, solo con la voce di chi ci si è trovato prima.

Se vuoi capire se la tua idea è fattibile, dubbio per dubbio (anche quelli che sembrano banali), scrivici o fissiamo una chiacchierata senza impegno. Meglio mille domande ora che rimpianti dopo.

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