Iscriversi a un PhD nel Regno Unito dopo la magistrale: istruzioni pratiche (e qualche verità scomoda)
Se stai pensando di fare un PhD nel Regno Unito dopo la laurea magistrale, è normale sentirsi un po’ spaesati. Togliamoci subito un’illusione: non è una passeggiata. Però non è nemmeno una montagna insormontabile, se hai le info giuste e sai dove mettere le energie.
Qui facciamo un po’ di chiarezza su come funziona davvero, quali sono le difficoltà che quasi tutti incontrano (sì, anche chi sembra super sicuro), e cosa dovresti sapere PRIMA di iniziare a spulciare i siti delle università britanniche.
Cosa cambia tra un PhD UK e il dottorato in Italia?
La differenza principale? In UK il PhD è veramente ricerca pura, non un percorso con lezioni settimanali o esami da passare. Praticamente dalla settimana 1 ti ritrovi a lavorare su un progetto di ricerca originale, che dovrai portare avanti in autonomia, con il supporto di un supervisor (che sarà anche il tuo punto di riferimento principale, nel bene e nel male).
La durata media va dai 3 ai 4 anni e quasi sempre sei “sul campo”, in laboratorio, in biblioteca o comunque presente, a tempo pieno. Non aspettarti il ritmo “soft” di alcune esperienze italiane. E lo shock iniziale – fidati – è normale.
Cosa ti serve davvero per candidarti?
Ecco cosa serve, senza giri di parole:
- La laurea magistrale: Senza quella, niente da fare. Il voto conta (a volte più di quel che vorremmo), soprattutto se vuoi accedere alle borse di studio migliori. Parliamo, orientativamente, di un minimo di 105/110. Ma non fermarti lì: ogni università valuta anche l’intero percorso, la motivazione e l’esperienza.
- Competenze di ricerca: Se hai già fatto una tesi sperimentale, uno stage in laboratorio o hai pubblicato qualcosa, sei un passo avanti. In UK piace capire che sai già che cosa significa “fare ricerca”.
- Inglese certificato: Servono IELTS o test equivalenti, di solito con almeno 6.5-7.0. Occhio che alcune università chiedono un punteggio minimo in ogni sezione (reading, writing, etc.).
- Research Proposal: Questo è lo scoglio più grande per tanti. In pratica: un mini-progetto (2-3 pagine) in cui spieghi qual è la domanda di ricerca che vuoi affrontare, perché ha senso, come intendi lavorarci e quali metodologie userai. Non serve l’idea “rivoluzionaria”, ma deve essere realistica, chiara e dimostrare che hai studiato l’argomento.
- Lettere di referenza: Meglio se da docenti che ti hanno seguito in prima persona (es. relatore della tesi).
- Personal Statement: Una lettera in cui racconti chi sei, cosa ti motiva e perché pensi che proprio quella università e quel gruppo di ricerca facciano per te.
Come muoversi? Quali sono i passaggi (reali)?
Lo schema “classico” che vediamo tra chi ce la fa, di solito è questo:
- Cerchi le università e i gruppi di ricerca più vicini alle tue passioni. Perdi ore su Google Scholar o LinkedIn a leggere curriculum di potenziali supervisor? Bene, lo fanno tutti.
- Contatti direttamente il supervisor (se stimoli interesse hai già mezzo piede dentro). Sii cortese, ma diretto. Chiedi se accetta nuovi studenti, mostra interesse vero per il loro lavoro. Spesso ricevi risposte vaghe o nessuna risposta: non demoralizzarti. È tipico.
- Prepara la documentazione. Qui tanti impazziscono: CV “alla UK”, Personal Statement, Proposal, referenze, certificato di inglese… se hai dubbi su un qualche documento, meglio chiedere (anche a chi c’è già passato).
- Mandi la candidatura online, rispettando scadenze diverse da università a università. Le deadline, specie per i finanziamenti, sono spesso in autunno o inizio primavera – non aspettare l’ultimo giorno!
- Aspetti (e intanto, magari, ti prepari per eventuali interviste online).
Il nodo fondamentale: borse di studio e finanziamenti
Tiriamo una riga subito: iscriverti a un PhD nel Regno Unito senza alcun tipo di finanziamento o borsa è FOLLE, a meno che tu non abbia risorse illimitate. A volte si trovano PhD “fully funded” (cioè stipendio mensile+iscrizione pagata), ma sono molto competitivi e la concorrenza è alta, anche internazionale.
Qui non esistono “posti garantiti” per stranieri. Molti studenti italiani, pur bravissimi, devono fare i conti con bandi che premiano chi già lavora o vive nel Regno Unito. Non farti scoraggiare, ma sappi che dovrai lottare anche su questo fronte e che spesso l’offerta di borse e finanziamenti cambia sulla base del dipartimento e del progetto.
Difficoltà e rischi (di cui si parla poco e invece dovresti sapere)
- Non trovare subito un supervisor: Ci sta. Spesso il progetto non si “incastra” col gruppo, oppure non hanno fondi. Prova, insisti, e se puoi chiedi feedback sinceri.
- Solitudine (o ansia da prestazione): In UK sei subito considerato “ricercatore junior”, ma anche lasciato spesso a navigare da solo. All’inizio lo spaesamento è normale, specie se il tuo inglese non è perfetto o se arrivi senza conoscere nessuno.
- Vivere all’estero costa (e tanto): Anche con una borsa di studio, non aspettarti di risparmiare: tra affitti, spostamenti e burocrazia ci sono mille micro-costi. Fai davvero i conti prima di partire.
- Aspettative diverse: Quello che in Italia conta molto (es. tesine, pubblicazioni minori, attività associative) spesso in UK non interessa tanto quanto la “fit” con il gruppo di ricerca e il potenziale del tuo progetto.
E se il PhD UK non è la tua soluzione?
Non sentirti sbagliato se cambi idea. Questo percorso non è per tutti, e nessuno dovrebbe farti sentire in difetto se scegli una strada diversa. C’è chi opta per un master di ricerca (MRes), che dura meno e può essere un “ponte” più dolce verso il dottorato. Altri partono con programmi part-time, “split-site” (tra due paesi) o guardano anche fuori UK (es. Irlanda, Olanda, Scandinavia), dove a volte il sistema è più accessibile – o semplicemente più “umano”.
Qualche storia reale
Marco, ingegneria magistrale:
“Non avevo un’idea chiara all’inizio, poi ho capito che senza parlare direttamente con i supervisor avrei girato a vuoto per mesi. Avevo paura di scrivere mail ‘da principiante’, invece quei primi tentativi alla buona sono serviti eccome. Sbagliare, ricevere rifiuti, fa parte del gioco.”
Sara, invece, dopo mesi passati a cercare funding impossibili nel Regno Unito, ha scelto un master di ricerca in Irlanda:
“Non mi sentivo pronta a buttarmi in un PhD senza soldi messi da parte. Oggi sono ancora più convinta della mia scelta: posso approfondire la ricerca con calma e magari candidarmi al dottorato tra un anno, più serena.”
Risposte alle domande che ci fanno sempre
- Quanto ci si mette davvero a ottenere risposta?
Di media da 3 a 6 mesi: tra domande, contatti, colloqui e attese varie… armati di pazienza. - Serve per forza ottenere l’ok dal supervisor prima di candidarsi?
Non sempre, ma nella pratica sì: senza un docente che ti “sponsorizza”, le chance di essere preso si abbassano molto. - Come si scrive una Research Proposal che abbia senso?
Non ci sono ricette magiche né template “segreti”. Devi centrare bene l’obiettivo di ricerca e mostrarti concreto e affidabile, più che “geniale”. Se vuoi, possiamo darti una mano a rivederla – senza false promesse. - Il PhD UK è pagato?
A volte sì (tramite borse che coprono fee e stipendio), ma non sempre. Non dare mai per scontato il finanziamento: quando lo trovi, accertati di tutti i dettagli (importi, rinnovi annuali, tasse escluse, ecc.).
Se hai dubbi, paure o semplicemente vuoi confrontarti con chi ci è già passato, la nostra community è qui anche per questo. Nessuna domanda è “stupida” e nessun percorso è uguale a un altro. Se vuoi scambiare due parole, conoscerci o ricevere una mano su candidatura e documenti, basta scriverci o prenotare una call con chi ha vissuto la tua stessa ansia da countdown. Promesse miracolose non ne facciamo, ma supporto vero sì, dal primo passo all’arrivo (e anche dopo, quando inizia la vera sfida).
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