Arrivare in un nuovo paese e rendersi conto che la lingua che hai studiato a scuola sembra quasi “un’altra cosa” è davvero comune. Non sei strano tu, né meno preparato degli altri: è una fase normale, anche se spesso nessuno la racconta per quello che è. Le difficoltà linguistiche non si limitano al saper scrivere un essay o capire cosa dice il professore: impattano sulla vita quotidiana, sulle relazioni, sul modo in cui ti senti parte o meno di ciò che ti circonda. E quasi nessuno ti prepara davvero a questa piccola “botta” iniziale.
Ma quali sono le difficoltà vere che incontrerai?
La prima, di solito, è la comprensione orale. Sembra banale, ma ascoltare una lezione piena di riferimenti che non conosci, con magari accento scozzese o irlandese, non è come guardare serie tv con i sottotitoli. Pure solo le chiacchierate tra compagni possono diventare un sudoku per le orecchie.
Anche parlare può bloccare. Non per mancanza di lessico, ma per paura di sbagliare davanti agli altri, o farsi capire male. E una delle ansie più grandi resta scrivere: l’università all’estero spesso chiede saggi, report, email lunghe chilometri, con standard diversi dai nostri.
E poi c’è la partecipazione attiva. Fare una domanda a lezione sembra semplice, ma quando ti tocca la parola, a volte ci si sente bloccati. La testa va più veloce della lingua, oppure si teme di aver pensato a una domanda "stupida". Fidati, capita praticamente a tutti.
Qualche consiglio concreto che nasce dall’esperienza
- Chiedi sempre chiarimenti. Nessuno nascosto dietro la cattedra pensa che sia strano chiedere di ripetere, anzi. Vale anche tra compagni: una domanda in più all’inizio ti salva da mesi di dubbi non detti.
- I servizi dell’università esistono (e servono davvero). Non è una formalità: corsi di lingua, laboratori di scrittura, gruppi di studio. Non pensarci dopo due mesi, provaci dal primo giorno. In ambienti più informali magari sbagli senza pressioni e il miglioramento arriva prima.
- Esponiti, pure sbagliando. Le migliori lezioni, spesso, le ho prese ordinando male al pub o confondendo una parola in autobus. Ti prendi qualche risata? Forse. Ma così la memoria si attiva: è così che si cresce.
- Limita la “bolla italiana”. All’inizio è naturale appoggiarsi agli altri italiani, ed è importante (lo abbiamo fatto tutti), ma cerca di dedicare un po’ di tempo anche a conoscere compagni locali o internazionali. Anche solo chiacchiere su quanto costa il latte, tutte le mattine.
- Non aspettare la perfezione. Spoiler: nessuno ci arriva, nemmeno dopo anni. Più provi, più impari. Restare zitti in attesa di “parlare benissimo” è il percorso perfetto per isolarsi.
- Non sottovalutare il lato emotivo. Se lo stress della lingua ti mangia energie o influenza il tuo umore più del prevedibile, parlane con qualcuno — amici, tutor, oppure qualcuno che ci è già passato (anche noi, se vuoi: una chat su Studey è sempre meno impegnativa di quanto sembri).
Quello che (forse) nessuno ti dice sulle differenze tra destinazioni
Un dettaglio importante: UK, Irlanda, Olanda, USA... ogni posto ha le sue regole e le sue trappole linguistiche. In UK gli accenti cambiano a ogni città, e l’inglese accademico, specie in alcune facoltà, può essere davvero tosto. In Irlanda, a volte impari abbreviazioni e modi di dire che non stanno nei libri. Negli USA potresti ritrovarti con modi di parlare corti e diretti, e lessico praticamente nuovo. E in Olanda, dove “tutto è in inglese” solo sulla carta, in realtà potresti incrociare inglese scolastico e fiamminghi che tra loro parlano altro. Non c’è una versione più facile o difficile: informati, chiedi aiuto, ma cerca di capire davvero cosa offre il corso e l’ateneo che scegli.
Le paure sono normali, le soluzioni spesso imperfette
La verità è che qualche inciampo linguistico lo avrai comunque, anche con tutta la buona volontà del mondo. E va bene così. Qualche episodio emblematico?
Marco, che studia in UK, si è ritrovato dopo la prima settimana a non capire mezza parola detta dai compagni al pub perché parlavano troppo in fretta. Ha iniziato a registrare le lezioni (quando consentito) e le riguardava la sera, a piccoli pezzi, ricostruendo i passaggi con i sottotitoli. Gli ha salvato il semestre.
Anna, arrivata in Irlanda, ha fatto amicizia subito con altri italiani, ma poi ha dovuto “spingersi fuori” almeno mezz’ora al giorno per parlare con compagni locali, anche solo sulle cose più banali — “Che tempo schifoso oggi, eh?”. Adesso dice che quella mezz’ora era la sua “palestra” quotidiana, anche se faceva paura.
Non c’è una ricetta magica (ma possiamo aiutarti a cucinare la tua)
Se hai dubbi sull’inglese, oppure non sai come prepararti in modo realistico alla lingua — tanto in aula quanto fuori — chiedere è sempre meglio che restare nel dubbio. Possiamo darti dritte pratiche e oneste, non promesse miracolose. E, se vuoi, possiamo costruire insieme un piano per lavorare sulle tue paure o individuare prima quali risorse linguistiche offre l’università che stai considerando.
Vuoi qualche consiglio personalizzato? Scrivici — senza impegno. O guarda cosa raccontano altri studenti come te nella nostra community: non impari solo dalle “success stories”, ma anche dagli errori (che, credici, sono normalissimi).
Nessuno parte pronto al 100%, ma nessuno deve restare bloccato. Tutto il resto è leggenda.
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