Legal English all’estero: mini-guida schietta per avvocati che vogliono fare sul serio
Se sei un avvocato (o stai per diventarlo) e pensi che il Legal English sia solo una versione “raffinata” dell’inglese scolastico, forse è ora di fermarsi un attimo e guardare la questione da vicino. Il diritto, ancora più di altre professioni, vive di sfumature e formule precise: basta tradurre un termine in modo sbagliato e la differenza tra “fair” e “just” rischia di costarti più di una figuraccia. Per questo, l’idea di fare un corso di Legal English all’estero sta diventando sempre più popolare. Però — detto chiaramente — non è una passeggiata, e non è nemmeno la soluzione magica a tutti i problemi. Vediamo insieme a cosa serve davvero, cosa aspettarsi e come (e se) buttarsi.
Perché pensare a un corso di Legal English all’estero?
Facile a dirsi: per lavorare sul serio in uno studio internazionale, o anche solo per non sentirsi sempre “l’anello debole” quando ci scappa un’email o un incontro con un avvocato straniero. L’inglese giuridico ha regole tutte sue: probabilmente hai già affrontato contratti o casi che sembravano scritti in codice anche in italiano, figurati in inglese. E non basta saper rispondere “how are you”: servono vocaboli, formule, modi di argomentare che si imparano solo con tanta pratica (e parecchi errori, mettilo in conto).
Come sono fatti davvero questi corsi?
Qui veniamo subito alla parte pratica: ce ne sono di tutti i tipi, ed è facile perdersi.
- Corsi intensivi (1-4 settimane): Perfetti se vuoi una scossa, tipo “full immersion”, ma occhio, servono già buone basi d’inglese. Vanno dritte al punto — simulano processi, revisioni di contratti, role-play su negoziazioni. Non sono vacanze studio.
- Programmi più lunghi (3-6 mesi): Qui si va un po’ più in profondità. Si lavora su legal writing, presentazioni orali, casi pratici, magari anche con un occhio al sistema legale del paese (UK, USA, ecc.).
- Corsi online o misti: Comodi se non puoi muoverti, però perdi una parte buona dell’esperienza — il confronto diretto, le piccole discussioni post-lezione, la pressione di “dover parlare”.
Di solito li trovi in scuole di lingua molto specializzate, o in università che hanno capito che i giuristi italiani (e non solo) hanno più bisogno di Legal English che di laboratori di “public speaking”.
Prima di partire: qualche riflessione onesta
Uno degli errori che vediamo più spesso? Scegliere il corso “più famoso” o quello con le foto panoramiche su Instagram, e poi rendersi conto, dopo due settimane, di essere l’unico che capisce al massimo la metà delle lezioni.
Cosa serve davvero controllare prima:
- Il livello reale di inglese: Sii onesto con te stesso. Un B2 (buono) è il minimo sindacale, molti corsi ne chiedono di più. Non si impara il legalese se ancora inciampi nei verbi irregolari.
- La tipologia di diritto che ti interessa: Stai pensando a commerciale, arbitrati, o lavoro di studio legale in senso ampio? Ogni corso punta su aspetti diversi.
- Il budget (e la pausa dal lavoro): Non sono corsi economici, né c’è sempre la possibilità di restare all’estero per mesi. Valuta se puoi bloccare davvero tutto per studiare.
- Parte pratica: Attenzione al supporto logistico — visti, alloggio, assicurazioni. Sono seccature, ma se non ci pensi prima ti ritrovi a dormire ovunque tranne che in una stanza decente.
- Riconoscimento finale: Pochi corsi danno crediti “spendibili” in Italia. Non tutti i diplomi sono visti di buon occhio. Scegli per quello che impari, non per il pezzo di carta.
Le difficoltà vere — raccontate da chi c’è passato
Molti ex studenti ci raccontano sempre le stesse cose — e va detto: nessuno nasce (o torna) perfetto.
- Il legalese inglese è un’altra lingua: Il rischio di sentirsi persi le prime settimane c’è, specie se non hai mai avuto a che fare con sentenze e modelli legali stranieri.
- Simulare è importante: I corsi migliori hanno simulazioni reali: revisioni di NDA, mock trials, email difficili da smaltire. Senza queste prove concrete, rischi di imparare a memoria tante parole buttate lì.
- Supporto post-corso: Hai bisogno di feedback, magari un ex studente o un docente che ti segua anche dopo. Senza qualcuno con cui confrontarti, si fatica a tradurre lo studio in lavoro vero.
- Le differenze culturali sono reali: Anche se “fai bene” in Italia, nella pratica troverai usi, modi di presentarsi, strategie che ti suoneranno strane. E all’inizio ti faranno dubitare anche delle cose più semplici.
- Lo stress del trasferimento non va sottovalutato: Burocrazia, alloggio, sentirsi spaesati. Tutto normale, ma chi dice che sia tutto facile ti sta raccontando solo mezza verità.
Alternative e consigli semplici (ma sinceri)
Non sei sicuro di voler mollare tutto e partire subito? Nessun problema — ci sono altri modi per capire se sei pronto:
- Fai una verifica del tuo inglese (mirata al legalesese): Non basta un test online, ma un’intervista vera con chi conosce la materia.
- Fatti aiutare nella revisione di documenti veri: Le prime correzioni su cv, lettere formali e contratti fanno già uno scalino enorme.
- Cerca mentorship o racconti di chi ha già fatto il corso: Esperienza diretta batte tutte le brochure.
- Valuta un breve viaggio studio solo se hai già superato almeno l’ansia delle conversazioni in inglese base.
- Non sottovalutare i corsi (seri) con docenti madrelingua in Italia: Per alcuni può essere già abbastanza.
Domande vere (e risposte senza filtri)
Devo già essere bravissimo/a in inglese?
Almeno a un livello B2 abbastanza sicuro, altrimenti rischi di pagare tanto per capire poco. Alcuni corsi top chiedono C1.
Quanto serve restare all’estero per imparare bene?
Dipende dalla motivazione, ma con meno di 2-4 settimane di full immersion si impara molto poco. I programmi più lunghi, ovviamente, fanno la differenza.
Online o in presenza?
Online è ok per la teoria o il ripasso, ma la pratica con veri casi e docenti dal vivo è un’altra cosa. Facile a dirsi, più difficile da trovare.
Serve comunque se lavoro solo con clienti italiani?
Dipende — se sogni team internazionali o ti arrivano contratti da tradurre (e firmare…), è una freccia in più nel tuo arco. Altrimenti valuta i costi-benefici con onestà.
Se hai ancora più dubbi rispetto a costi, motivazione o scelte possibili, qui nessuno ti promette “il corso perfetto” — anche noi impariamo strada facendo, e l’errore fa parte del percorso. Se vuoi parlarne con noi (o con chi ha già fatto questo salto), scrivici. A nessuno piace buttare tempo e soldi: almeno, partiamo da scelte consapevoli, senza farsi illusioni ma nemmeno bloccarsi per paura.
Legal English all’estero? Vale davvero la pena solo se sei pronto a metterci testa, umiltà e, almeno all’inizio, tanta pazienza. Se vuoi confrontarti con chi ci è già passato, parliamone — senza filtri, come faresti con un collega al bar.
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