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Corsi di inglese accademico: prepararsi all’università straniera

Studiare all'estero richiede un'ottima padronanza dell'inglese accademico, fondamentale per affrontare le sfide universitarie e non solo.

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Corsi di inglese accademico: tutto quello che nessuno ti dice prima di partire per studiare all’estero

Immagina questa scena: hai appena ricevuto una lettera dall’università dei tuoi sogni, magari in Inghilterra, Australia o Stati Uniti. Forse la tua mente vola già alla cerimonia di laurea, alle nuove amicizie e a una nuova città tutta da scoprire. E poi arriva quel dettaglio che sembra banale, ma tanto banale non è: la lingua.

Sì, l’inglese. Ma non quello dei “corsi estivi” o delle serie tv con i sottotitoli. Qui si gioca un altro campionato: serve un inglese accademico. E non te lo dico per spaventarti — te lo racconto perché, anche se a scuola andavo bene e pensavo di essere pronta, la prima settimana a Londra l’ho passata a chiedermi se avessi sbagliato tutto. Se ti fa sentire meno solo/a, siamo in molti ad averla vissuta così.


Perché non basta il “normale” inglese?

C’è una bella differenza tra l’inglese scolastico e quello che ti viene chiesto in una lezione universitaria. Quello accademico è tutta un’altra storia: ti troverai a leggere centinaia di pagine di testi fitti, a discutere con gente che parla da madrelingua, a scrivere essay di cui nemmeno avevi mai sentito parlare nella vita.

Molti atenei chiedono, nero su bianco, certificazioni come IELTS o TOEFL — e non con punteggi qualunque. Ti chiederanno 6.5, 7.0 o più. Alcuni corsi, soprattutto in materie scientifiche, sono ancora più selettivi. E va detto: non si tratta solo di superare un esame. Serve davvero saper gestire l’università (e la vita fuori dall’aula) in inglese.


Corsi di inglese accademico: come funzionano davvero?

La parte che non sempre ti raccontano è che un buon corso di inglese accademico non è una “ripetizione” del liceo. È molto di più: impari a scrivere saggi strutturati (no, il classico tema non basta più…), a presentare progetti davanti a unknown faces, ad ascoltare lezioni infinite e a intervenire senza stramazzare per l’ansia.

Ci sono tante formule:

  • Corsi intensivi: ottimi se hai poco tempo e devi raggiungere un risultato in fretta (ma sono tosti — io li chiamerei bootcamp della lingua).
  • Corsi lunghi: più diluiti, magari se sei ancora in Italia e vuoi prepararti senza mettere troppa pressione sul calendario.
  • Online: utili se sei disciplinato, ma occhio a non perderti (la tentazione di procrastinare è dietro l’angolo).
  • In presenza, all’estero: spesso la scelta che fa la differenza, perché parli inglese anche a cena, al supermercato, in palestra.

Quasi sempre c’è una parte di simulazione degli esami “veri” (IELTS, TOEFL, Cambridge…), con feedback individuali – le correzioni su writing e speaking fanno male, ma sono quelle che ti fanno crescere di più. E, fidati, sentir racconti da chi ci è passato prima vale oro.


Le certificazioni: quali servono davvero (e quali sono fuffa)?

Ogni tanto ci scrivono studenti con certificati che qui nessuno considera… inutile girarci troppo attorno: meglio fare chiarezza subito.

Ecco le principali:

  • IELTS (soprattutto per UK, Australia, Canada): scade dopo 2 anni. In genere servono 6.0-7.5, ma controlla sempre per la tua università.
  • TOEFL (molto richiesto negli USA, ma valido anche altrove): anche lui “vale” 2 anni. Di solito da 80 a 100 punti.
  • Cambridge (C1/C2): non scade, apprezzato in UK, Europa e Australia. Per università, spesso si richiede almeno Advanced.

Ci sono mille test minori, ma la verità è che la maggior parte ha poco valore nelle application serie. Meglio investire tempo e soldi su quelli riconosciuti.


Storie vere (e piccoli tranelli in cui si casca spesso)

A volte pensiamo “tanto me la cavo”, “parlo già bene inglese”, e invece…
Te ne racconto alcune – senza nomi di fantasia, ma sono esperienze vere, arrivate anche a noi:

  • Chiara, che si vantava del suo inglese brillante finché non si è trovata a un seminario in UK, letteralmente spaesata dai discorsi troppo rapidi e pieni di termini sconosciuti. Ha dovuto reinventarsi con un corso intensivo, mesi dopo il suo arrivo.
  • Marco, che considerava il TOEFL solo una formalità. L’ha rifatto tre volte: ha perso un anno e non lo augurerei a nessuno.
  • Sofia, partita per l’Olanda, che ha scoperto che “parlare bene” non basta se per la laurea serve IELTS 7.0. Solo dopo un percorso mirato ha passato l’esame al primo colpo.

La morale? Meglio un mese in più di corsi e qualche decina di euro ben spesa ora, che mesi o anni persi dopo.


Gli errori più comuni (e qualche insidia nascosta!)

  • Sottovalutare il test: fra preparazione e ansia, non è mai “solo una formalità”.
  • Accontentarsi di “pezzi di carta” poco riconosciuti: rischi che nessuna università li accetti.
  • Pensare che online valga meno — o di più: qui conta la tua disciplina, non il luogo dove studi.
  • Dimenticare che il certificato non è tutto: leggere un testo scientifico, chiedere aiuto al prof, scrivere un’email formale… Nero su bianco sul test, ma nella vita quotidiana? Servono anche quelle skills lì.

Domande che riceviamo spesso (magari anche in chat “alle 2 di notte”):

Quanto tempo ci vuole davvero?
Non esistono bacchette magiche: per passare da un B2 a un C1 il più delle volte servono 3-6 mesi di studio ben fatto. Se parti da più in basso, pazienta.

Online o dal vivo?
Funziona entrambe le formule, se hai la motivazione. La presenza ti aiuta a parlare di più e a calarti nell’ambiente, ma se hai una routine intensa, online rende comunque.

I costi?
Dipendono dalla struttura, dalla durata e dal paese. Non sono spese da poco, ma spesso tornano utili subito: ti fanno risparmiare errori, bocciature, rimandi.

Posso fare tutto da sola/o?
Per la teoria forse, ma pochi riescono davvero a correggersi da soli su writing e speaking. Un docente o anche solo uno scambio con madrelingua fa una differenza pazzesca.

Serve sempre la certificazione "figa"?
Per le università top sì, quasi sempre. Non barare o pensare che un "attestato locale" convinca Harvard, per capirci.


E ora che idea dovresti farti?

Se non sai ancora dove sei a livello linguistico, inizia con un test online serio. Fatti correggere almeno un essay da qualcuno che ne sa. Se hai dubbi, parla con chi ci è già passato (o meglio, con un ex studente o advisor che non ti vende fumo). Forse non è ancora il momento di partire, forse invece manca solo una spinta.

Un consiglio sincero? Non c’è vergogna nel prendere in mano la questione con calma. Meglio fare un passo pianificato che trovarsi bloccati a semestre iniziato.


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Ti serve capire davvero dove parti, che opzioni hai, quali sono le fregature e dove invece vale la pena investire? Noi di Studey ci siamo: niente promesse magiche, solo consigli pratici, e soprattutto supporto dopo — non solo all’application. Scrivici, raccontaci dove sei bloccato. Magari non avremo la risposta pronta per tutto, ma almeno ti eviti errori inutili e qualche delusione di troppo.

Non sei solo, davvero. Costruiamo insieme un piano che abbia senso per te e per la tua storia.

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